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che le arti decaddero in Grecia, quando ivi giunte furono al più alto grado di perfezione; quasi che il nostro Autore non attribuisse egli pure, piucchè ad altro, alla perdita della libertà quella delle belle arti. Aggiungasi che il sig. Home, nella stessa opera, cercando perchè dopo Newton non siavi più stato in Inghilterra nessun gran matematico, ne rifonde la cagione nell’avere quel gran Fisico fatti tali progressi nella scienza della Geometria e del Calcolo, che i successori, temendo di non poter salire all’alto grado a cui egli giunse, amano piuttosto di rimanere appiè del monte. Or se egli così ragiona per le Matematiche, ben a maggior diritto potè dire Winkelmann essere decadute le arti in Grecia dopo Apelle, Prassitele, e Lisippo, perchè gli artisti che loro succederono, disperando di superare que’ gran maestri, nemmeno di pareggiarli tentarono.

Non così, come Home, rilevarono gli abbagli di Winkelmann i sigg. Lessing ed Heyne1, i quali con molta erudizione e con giudiziosa critica si sono argomentati di correggere la Storia dell’arte. Essi hanno sovente colto nel vero, e diffatti non di rado i loro rilievi veggonsi in questa nuova edizione prevenuti dai cangiamenti che ha fatti l’Autor medesimo. Che se alcuni errori di minor conseguenza vi son tuttora rimasti, devono perdonarsi ad un Genio creatore che immaginava un gran sistema, come molti se ne perdonano volentieri a Montesquieu2; e noi veggendo che non erano errori di conseguenza, abbiamo voluto piuttosto seguir esattamente gli ultimi ordini suoi che metter mano nell’opera per correggerli, come avremmo potuto fare agevolmente3. Con pari facilità v’avremmo potuto molto


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  1. Riguardo al secondo vedi la nota 2. al §. 23. cap. iil. lib. X. Tomo iI.
  2. A questo non si perdonerà giammai lo sregolato modo di filosofare, e a Winkelmann la troppo affrettata, e negligentata maniera di scrivere, per cui anzi ha preso dei grossi abbagli, che io anderò rilevando.
  3. E così dovea farsi da uno, che voleva