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n e l l e   v a r i e   f i g u r e , e c. 367

[... e delle divinità ...] §. 16. Così era generalmente determinata la bellezza degli occhi: e questi, senza allontanarsi dalla stabilita forma, diversamente formati erano nelle teste delle varie divinità; cosicchè dagli occhi venian esse caratterizzate e distinte. Giove, Apollo, e Giunone hanno il taglio dell’occhio grande, rotondamente incurvato, e men lungo che comunemente esser non suole, affine di tenerne l’arco più rilevato. Grandi occhi ha pur Pallade, ma basse le palpebre, per darle così uno sguardo di verginal verecondia. Venere all’opposto ha gli occhi più piccoli; e la palpebra inferiore alquanto tirata in su esprime quel non so che di languido e di lusinghiero, che i Greci chiamano ὑγρόν. A tali occhi distinguesi Venere celeste, con cui fu sovente confusa da coloro che non aveano fatta tale osservazione, per avere pur la prima un diadema simile a quello della seconda.

§. 17. Qualche moderno scultore sembra aver voluto andar più oltre degli antichi, e si è immaginato di figurare quel che Omero chiama βοώπις, con fare degli occhi rilevati, cioè che sporgano in fuori dalla loro incassatura. Ha siffatti occhi, simili a quelli d’un impiccato, la testa rimessa della pretesa Cleopatra nella villa Medici; e questi pur sembra avere scelti per modello lo scultore della statua d’una santa Vergine nella chiesa di s. Carlo al corso in Roma1.

[... delle palpebre ...] §. 18. Nello studiare la bellezza non sono sfuggiti alla diligenza degli antichi nemmeno i tratti delle palpebre; e la voce ἑλικοβλέφαρος, usata da Esiodo, sembra riferirsi ad una forma loro particolare. I grammatici greci de' bassi tempi danno a tal vocabolo un senso indeterminato, spiegandolo con καλλιβλέφαρος, di belle palpebre. All’opposto lo Scoliaste d’Esiodo gli dà un senso allegorico e singolare, volendo che occhio ἑλικοβλέφαρος sia quello le cui palpebre van-


  1. Cioè la Giuditta, non una santa Vergine, del signor Le Brun >