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366 | D e l B e l l o c o n s i d e r a t o |
ma la sillaba βο è un aggiunto o, come dicono i rettorici, un ἐπιτατικόν, unito nello stesso modo anche ad altri vocaboli per esprimerne un certo ingrandimento: quindi lo Scoliaste d’Omero1 spiega βοώπης con μελανόφθαλμος (d’occhi neri), e καλὴ τὸ πρόσωπον (di bella figura). Veggasi ciò che scrive su quello proposto nelle sue Antichità Napolitane l’erudito Martorelli2.
[...e forma loro nelle teste ideali.] §. 14. Nelle teste ideali gli occhi sono sempre più profondamente incassati, che esser non sogliono naturalmente, e per la stessa ragione più rialzate ivi sono le ossa delle sovracciglia. Gli occhi profondamente incassati, a vero dire, non sono un tratto di bellezza, anzi sogliono togliere la serenità del viso; ma nelle grandi figure, che vedersi denno da lungi, l’occhio, che generalmente ha la pupilla liscia, senza tale incassamento non farebbe verun effetto, e non avrebbe nessuna espressione. L’arte per tanto in ciò allontanossi dalla natura, e con tale incassamento e rialzamento ottenne un lume e un’ombra maggiore, per cui l’occhio, che altrimenti sarebbe stato insignificante e come morto, venne ad acquistare vivacità e sentimento. L’arte stabilì in seguito una regola di dare all’occhio tal forma, eziandio nelle piccole figure; e diffatti così incassato vedesi anche sulle teste delle monete. Su quelle si cominciò a indicare il lume dell’occhio, come dicono gli artisti, per mezzo d’un punto rilevato sopra la pupilla; e questo usavasi di già avanti i tempi di Fidia, come appare dalle monete di Gelone e di Gerone re di Siracusa.
§. 15. Colla medesima mira sembra che siasi usato di rimettere e incastrare gli occhi nel capo, come praticarono fin dagli antichissimi tempi gli egizj scultori. Di tali occhi parlerò più diffusamente nel Libro VII.3.
§. 16. Co- |