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308 | D e l B e l l o c o n s i d e r a t o |
[Eroi.] §. 36. Siccome gli antichi artisti sollevati s’erano per gradi dall’umana bellezza alla divina, così riserbarono sempre per gli dei l’ultimo grado di perfezione a cui aveano saputo giugnere. Nel rappresentare gli Eroi, cioè quegli uomini ai quali attribuivano la più sublime dignità dell’umana specie, avvicinaronsi sino ai confini della divinità, senza oltrepassarli però, e senza confondere quelle fine e minute differenze che li distinguevano. Un tocco solo di tenera giovialità, che si desse al Batto delle monete di Cirene, ne farebbe un Bacco; e un tratto di maestà divina basterebbe a farne un Apollo. Se Minosse sulle monete di Gnosso non avesse lo sguardo altero datogli per indicare un re, rassomiglierebbe ad un Giove pieno di bontà, e di clemenza.
§. 37. Davano quegli artisti forme sublimi agli Eroi, e certe parti sollevavano in loro sopra la natura medesima: mettevano ne’ muscoli un’azion viva e molto movimento, e negli atti veementi sembra che abbiano, a così dire, messe in opera tutte le molle della macchina umana. Essi cercavano di moltiplicare e variare, quanto era possibile, la musculatura; nel che Mirone sembra aver superati tutt’i suoi predecessori1. Abbiamo un esempio di ciò nel preteso gladiatore di Agasia Efesino, nella villa Borghese, nel cui volto si ravvisa manifestamente un ritratto cavato dal vero, e in cui, fra gli altri, i muscoli delle coste, che diconsi serrati,
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- ↑ Vedi sopra pag. 189. not. A.
descrizione di esso Tom. I. Tav. 34., di un molto elegante lavoro, uomo dal mezzo in su, nel resto diviso in due gran code di pesce, ha le orecchie faunine, le corna in fronte, e innanzi due zampe di cavallo, e forma un bellissimo gruppo con una donna nuda, che rapisce, e due Amorini, che gli svolazzano sulla coda. L’altro, dato nella Tavola 35., mostra nella mezza figura umana, che ne resta, uno stile grandioso, che lo rende uno de’ più belli, e de" più rari monumenti di deità marine. Ha similmente le orecchie faunine; nella bocca mezza aperta si vede qualche cosa non umana, e un palato quasi piano a guisa d’alcuni pesci. I tratti del suo volto, dice con verità il signor abate Visconti espositore, benché manierati, sono pieni d’una certa bellezza ideale, e d’una certa nobiltà, che nel tempo stesso, che non possono competere che ad un mostro, son pur convenienti ad un dio. Ha inoltre sul petto allacciata la pelle squamosa d'un pesce a somiglianza della pelle d’Ercole, o delle Nebridi de’ seguaci di Bacco. È stata disotterrata questa figura, non ha molto, nel territorio di Tivoli.