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il suo ampio manto sembra abbassato fino alle parti sessuali, unito poscia e ristretto in molte e ricche pieghe; e quella porzione, che dovrebbe formare uno strascico per terra, è gettata sul ramo d’un albero a cui il dio s’appoggia. L’albero è circondato d’ellera e cinto da un serpente. Non v’ha figura che meglio di questa darci possa una giusta idea di ciò che Anacreonte chiama un ventre di Bacco.

§. 22. Quello dio non veneravasi soltanto sotto giovanili sembianze, ma eziandio lotto l’aspetto di matura virilità, la quale però non da altro veniva espressa che da una prolissa barba, veggendoglisi sempre in volto, e alla dolcezza dello sguardo e ai teneri tratti, la giovialità della giovinezza. Cosi rappresentarsi solea Bacco nei campi delle Indie, ove si lasciò crescere la barba; e tal figura somministrò agli antichi artisti la doppia occasione, e di formare un bello ideale, in cui la giovinezza fosse mista alla virilità, e di mostrare l’abilità loro nell’imitare i peli della barba. La maggior parte delle teste e de’ busti di questo Bacco indiano, che a noi pervennero, portano una corona d’ellera; e così è coronato sulle monete dell’isola di Nasso in argento, nel cui rovescio v’è Sileno con un nappo in mano: tale è pure la testa di marmo nel palazzo Farnese, a cui erroneamente è stato dato il nome di Mitridate. La più bella di quelle teste è un Erme presso lo scultore Cavaceppi1, la cui capigliatura e barba sono con grandissim’arte lavorate.

§. 23. Le figure intere di quello Bacco, quando stan diritte, si vedono sempre ricoperte fino a’ piedi2. Si trovano effigiate su ogni maniera di lavori, e fra gli altri su due bei vasi di marmo scolpiti a rilievo, il più piccolo de’ quali è nel palazzo Farnese, e ’l più grande, che è pure il più bel-


lo,


  1. Venduto in appresso fuori di Roma.
  2. Forse Clemente Alessandrino, Cohort. ad Gent. num. 4. oper. Tom. I. pag. 50. l. 37. alludeva a queste figure, scrivendo che Bacco si conosceva dall’abito ἀπὸ τῆς στολῆς