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la beltà che tanto vien celebrata, poiché abbagliar non si lasciano al candore della carnagione. La bellezza commove i sensi, ma egli è lo spirito che la conosce; onde per lo più l’uomo meno sensibile ne sarà il miglior giudice. Nelle forme generali però, che costituiscono la bellezza, hanno idee uniformi pressochè tutti popoli inciviliti sì dell’Europa, che dell’Asia, e dell’Africa; e da quella osservazione può forse inserirsi che l’idea del bello, sebbene sempre non se ne trovi nella natura una ragione, pur non dee nemmeno credersi affatto arbitraria e d’umana convenzione.

§. 16. Alla bellezza molto contribuisce il colore; ma non è desso la beltà, e solo serve a darle un certo risalto, e a rilevarne le forme: così par migliore il vino in un bicchiere di vetro, ove bevendoli se ne vegga il colore, che in un vaso di opaco metallo, ancorché prezioso. Il color bianco, siccome quello che riflette più raggi, è il più sensibile all’occhio, e perciò la candidezza accresce la beltà d’un ben formato corpo; anzi se sia nudo, fembra per tal candore più grande che non è diffutti: da ciò nasce che le figure di gesso ricavate dalle statue, finché si conservano candide, sembrano più grandi degli originali medesimi, a cui sono perfettamente uguali. Un Moro può esser bello se belli e regolari ne siano i tratti; e ci fa fede un Viaggiatore1, che al continuo conversar co’ Mori il color loro sembra perdere quel ributtante, che ha a prima vista, e lascia vedere in loro i tratti della bellezza, che pur veggonsi nelle antiche teste malgrado il color di bronzo, e ’l nero o ’l verdognolo del basalte. La bella testa muliebre di bafalte verdognolo esistente nella villa Albani non potrebbe esser più bella se fosse scolpita in marmo bianco; quella di Scipione il seniore2 di basalte ancor più cupo esistente nel


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  1. Carletti Viaggi, Ragion. I. pag. 7.
  2. Vedi appresso lib. XI. cap. I. §. 2.