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de’ primi artisti greci: quelle determinano la figura; quelle ne fissano le proporzioni.

[L’idea del bello in generale è piuttosto negativa che positiva.] §. 5. Trattando della beltà in generale dobbiamo esaminar prima ciò che distrugge il bello, ossia l’idea del bello negativo, per quindi formarci una qualche idea positiva della vera bellezza. Dir si può del bello (come Cotta presso Cicerone1 dir solea di Dio) che più facil cosa è l’asserire ciò che e’ non sia, che affermar ciò che sia; e in qualche maniera avviene della bellezza e della deformità, come della sanità e della malattia: questa si sente, e non già quella.

§. 6. E’ la bellezza uno de’ più grandi arcani della natura: ne vediamo tutti e ne sentiamo l’azione; ma il darne un’idea generale, chiara, e ben determinata non è per anco riuscito ad alcuno. Diffatti se l’idea, che gli uomini ne hanno, fosse chiara e distinta come l’idea d’una verità geometrica, né sì diverso sarebbe il loro giudizio intorno a un bell’oggetto, né sì difficil cosa il dare una dimostrazione del vero bello2. Allora non si troverebbono uomini o sì poco sensibili, o cotanto in contraddizione con loro stessi che, o adottar non volendo una giusta idea del bello, o formandosene una falsa, dir potessero con Ennio:

Ma quel che l'occhio vede, il cor non sente3.

I primi più difficili sono a convincersi, che i secondi ad essere istruiti, poiché nei loro dubbj, mentre mostrano di ne-

Tom. I. L l gare


  1. De Nat. Deor. lib. 1. cap. 21.
  2. Comunemente i metafisici costituiscono il bello nella varietà congiunta all’unità spiegandola così. Il bello consiste in una rappresentazione piacevole: questa nasce da una sensazione tanto più piacevole, quanto più esercita gli organi del corpo, senza però offenderli coll’esercitarli soverchiamente. Così il nero, che manda minor quantità di raggi all’occhio, è il men bello de’ colori: il più bello è il bianco, se non che colla soverchia copia de’ raggi talora offende l’organo, e cessa d’esser bello. Come s’esercitano gli organi corporei, s’esercitano del pari le facoltà dell’animo, e in proporzione dell’esercizio loro ne risulta il bello degli oggetti che si considerano. La varietà, che negli oggetti si scorge, accresce questo esercizio; ma se lo rende troppo faticoso, non è più bella. Una certa corrispondenza delle parti, ancorché varie, diminuisce la fatica, e in essa consiste l’unità. Così combinansi l’unità e la varietà a formare il bello. Ci potremmo rendere più chiari con molti esempj, se la brevità d’una nota lo permettesse. [ Vedi appresso al §. 21.
  3. Ap. Cic. Lucull. cap. 17. Sed mihi neutiquam cor consentit cum oculorum adspectu. [ Alcmeone, non Ennio.