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p r e s s o   g l i   E t r u s c h i , ec. 205

[Paragone di questo stile col disegno degli artisti toscani.] §. 15. Questi caratteri dell’arte presso gli antichi popoli dell’Etruria ravvisansi anche oggidì nelle opere de’ loro successori, e un occhio imparziale ben gli scorgerà nei disegni di Michelangelo, il più grande artista che abbiano avuto i Toscani; quindi non senza fondamento di lui s’è detto che, chi una delle sue figure ha veduta, le ha vedute tutte1. Né può negarsi che questo carattere non sia uno dei difetti di Daniello di Volterra, di Pietro da Cortona, e di altri2.

§. 16. Abbiamo finora si nel primo che nel secondo ultimo stile considerate le arti proprie degli Etruschi, prima che essi conoscessero i lavori de’ Greci, cioè avanti che quelli, restringendo i confini dell’Etruria verso oriente e verso mezzodì, dominassero nell’Italia inferiore e nelle vicinanze dell’Adriatico. Allorché i Greci ebbero occupata la più bella parte d’Italia, e fondatevi possenti città, le arti cominciarono ivi a fiorire ancor più presso che nella Grecia medesima, ed è chiaro averne quindi tratto del profitto e de’ lumi gli Etruschi loro vicini, che nella Campania aveano saputo mantenerli. Un argomento di ciò abbiamo nei monumenti loro de’ più antichi tempi, su i quali spesso si veggono rappresentati varj tratti della storia greca, che da’ Greci certamente aveano appresi; onde saranno stati disposti ad apprenderne

in seguito anche le belle arti. Che così diffatti sia avvenuto, rilevasi dalle monete della maggior parte delle città campane: il nome loro, scrittovi in carattere etrusco, fa cre-


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  1. Dolce Dial. della Pittura, pag. 48.
  2. Dovremmo qui far l’apologia de’ moderni Toscani, e ben avremmo argomenti, onde provare quanto essi vagliano nelle arti del disegno. Ma avendo udito che alcuni chiari scrittori di quella colta ed erudita nazione a ciò già pensarono, volentieri lor cediamo la propria loro difesa. [ Tra questi nomineremo il signor abate Bracci Dissert. sopra un clipeo votivo, ec. prefaz. pag. 9. e 10., ove mette in vista diversi artisti toscani, i quali non possono tacciarsi di stile forzato, e caricato; e osserva, che Pietro Berrettini da Cortona deve mettersi piuttosto nella scuola romana. Ma per Michelangelo Buonarroti, cui prende in particolar modo a difendere, i conoscitori non possono a meno di vedere nel di lui stile una certa uniformità di caricato, e forte: di modo che pare abbia sempre avuto innanzi agli occhi il torso dell’Ercole di Belvedere, su cui tanto avea meditato, e meditava; non imitandolo per altro, ma eccedendolo. A questo difetto ha pure contribuito il fiero di lui animo.