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pio di Romolo, dedicato ora a s. Teodoro, ove diffatti fu essa disotterrata. E poiché Dionisio stesso ne parla come d’antico lavoro (χάλκεα ποιήματα παλαιᾶς ἐργασίας1, dobbiam crederla opera d’etrusca mano, sapendosi che degli artefici di questa nazione si serviano anticamente i Romani2. Deve osservarsi però che se antichissimo lavoro è la lupa, opera moderna sono i due bambini che allatta.

§. 12. Il secondo carattere di quello stile non può con una sola idea comprenderli. Sforzato e violento, parlandosi dell’attitudine nelle figure, non significano la stessa cosa: questo non solo ha luogo nella politura, nell’azione, e nell’espressione, ma in tutti eziandio i movimenti d’ogni parte; laddove quello non dicesi se non dell’azione, e può aver luogo eziandio nella più tranquilla attitudine. Lo sforzato è l’opposto del naturale, e’l violento è l’opposto del decente e del sodo. Quello caratterizza lo stile antico, e questo lo stile posteriore, cioè il secondo. Le mosse violente nacquero dal voler evitare le mosse sforzate, poiché ricercando gli arti-


sti


  1. Opus antiquum ex ære factum).
  2. Che la lupa tuttora esistente nel Campidoglio sia quella del tempio di Romolo, lo rileviamo pure da un indizio riferito da Cicerone, presso cui leggesi che essa fu offesa da un fulmine: il che secondo Dione Cassio avvenne nel consolato di Giulio Cesare, e di Bibulo. Or quest’indizio noi lo scorgiamo nella coscia sinistra, ov’è una striscia o piuttosto una rottura larga due dita. Che se Dione scrive che la lupa, quando fu percossa dal fulmine, era in Campidoglio, dobbiamo attribuirglielo ad errore, tanto più ch’egli vivea due secoli dopo quell’accidente. [ I consoli riferiti da Dione Hist. Rom. l. 37. §. 9. pag. 117. Tom. I. sono Lucio Cotta, e Lucio Torquato, che corrispondono all’anno di Roma 689. Dice questo scrittore, che la lupa era in Campidoglio, e lo dice anche Cicerone De Divin. lib. 1. c. 12., e l. 2. c. 20., e nella terza orazione contro Catilina c. 8., ove racconta questo accidente; e sì l’uno che l’altro scrivono, che fosse gettata a terra, non ostante, aggiugne Dione, che fosse ben fermata. Altro effetto pertanto dovea produrre un siffatto colpo di fulmine sulla figura, che una semplice striscia, o rottura in una gamba. È verisimile che la rovinasse affatto in un coi puttini; poiché Cicerone nel cit. lib. 1. cap. 12. fa capire, che ella a’ suoi tempi più non esistesse:
    Hic silvestris ERAT romani nominis altrix. E del puttino, che rappresentava Romolo, nella citata orazione egli diceva, FUISSE meministis. Al che non ha badato il Nardini Roma antica, lib. 5. cap. 4.. pag. 200., e Ficoroni Le vestigia, ec. lib. 1. cap. 10. pag. 47., che la credono la suddetta esistente ancora in Campidoglio. L’altra lupa, della quale parla Dionisio, fu fatta fare l’anno di Roma 457. da Gnejo, e Quinto Ogulnj Edili Curuli, col denajo ritratto dalla multa d’alcuni usuraj; e fu collocata in quel tempio per memoria dell’esser ivi stati allattati dalla lupa i due fondatori della città, Livio lib. 10. cap. 16. num. 23. in fine. E questa, se è quella, che diciamo di Campidoglio, come crede anche Fulvio Orsini presso il Nardini loc.cit., sarà stata anch’essa in appresso colpita da qualche fulmine; se pure non deve attribuirsi ad altra cagione la rottura, o per meglio dire, le rotture; poiché ne ha una per gamba.