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usavasi dai Greci, quando presso di loro le arti fiorivano. Si trova bensì qualche esempio in contrario fu alcune gemme, e fra le altre mi risovviene d’un piccol niccolo nel museo del duca Caraffa Noya, ove presso ad una figura di Pallade leggesi ΑΘΗ ΘΕΑ (Pallade Dea); ma sì la forma delle lettere, che il disegno della figura, mostrano esser quello un lavoro de’ tempi posteriori, quando cominciavasi già a porre più d’una linea di scritto intorno alla figura.

§. 8. Le opere, che sono per indicare, consistono in figure e statue, in lavori di rilievo, in gemme, in opere di bronzo incise, e in pitture.

[Figurine di bronzo] §. 9. Sotto il nome di figure intendo le piccole immagini di bronzo, sì d’uomini che d’animali. Le prime non sono rare ne’ musei, e v’ha fra esse de’ pezzi de’ primi tempi dell’arte etrusca, come vedrem più sotto, prendendone argomento e dalla forma loro, e da ciò che rappresentano. Delle bestie il più ragguardevole e ’l più grosso pezzo è una Chimera di bronzo nella galleria di Firenze1, composta d’un leone di grandezza naturale e d’una capra. I caratteri etruschi la dichiarano opera d’un artefice di quella nazione2.

[Statue di bronzo] §. 10. Le statue sì di grandezza naturale, che le più piccole, sono parte in bronzo e parte in marmo. Di bronzo ce ne sono rimaste due certamente etrusche, e un’altra che pur tale si crede. Se ne veggon su quelle i più certi indizj:


Z ij una
  1. Gori Mus. Etr. Tom. iI. Tab. 155.
  2. L’iscrizione etrusca sulla Chimera di bronzo è stata letta ed interpretata diversamente da differenti scrittori. Il senator Buonarroti ad Dempst. p. 93... e il Gori Mus. etr. ecc. T. iI. p. 293. vi lessero tinmcuil, e tinmicuil il signor Passeri Lett. Roncagl. Tom. XXIII. Racc. d’opusc. lett. 10.: sono però fra di loro discordi nella spiegazione. Crede il primo essere questo un nome; ma se dell’artista, o della bestia lo lascia indeciso. Anziché un nome, vi riconosce il secondo espressa quella proprietà che gli antichi finsero nella Chimera, d’essere cioè vendicativa; vuol quindi doversi spiegare il vocabolo suddetto con questa frase latina: ad vindictam pronus, sive paratus. Sospetta il terzo che il cognome di qualche divinità vindicatrice sotto quelle lettere si contenga. Altra lezione ed altro senso ravvisa in que’ caratteri Giovanni Swinton Saggio delle trans. filos. Tom. V. pag. 304., il quale pretende dovervisi leggere tinmisfil, o tinmisuil, o anche tinimesil, voce ch’egli deriva dall’ebraico תנים עראל tannimheriel, significante Dragone, Capra, Leone. Quale fra queste sia la vera spiegazione, Deus aliquis viderit.