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156 D e l l e   A r t i   d e l   D i s e g n o.

giugne che tal culto si era indi in poi sempre conservato. Non cercheremo qui di spiegare gli attributi delle mentovate figure, poiché ciò non appartiene al nostro scopo, e altronde molti hanno già sopra di quello fatte delle ingegnose ricerche1.

§. i8. Ma sebbene la religione de’ Persi non influisse a pascere e a sollevare lo spirito degli artisti, pure scorgiamo dai monumenti rimastici, che vi suppliva in molta parte la fantasia loro, veggendosi fra le loro gemme degli animali alati con capo umano, che portano sovente corone a molte punte, ed altre ideali figure da fervida e vivace immaginazione prodotte.


§. 19. I Persi
  1. (t) Il culto del dio Mitra, simbolo del sole e del fuoco, ebbe la prima origine nella Persia. È stato questo per lungo tempo la divinità principale e la più favorirà di que’ popoli; ma dacché Zoroastro fece loro gustare il domma dei due principi Oromazo ed Arimaro, divenne Mitra un dio secondario, e fu riconosciuto soltanto qual mediatore fra quelle due contrarie divinità. Essendo massima fondamentale della religione persiana dei Maghi di non avere ne tempj, nè statue, nè are, Cic. de Leg. lib. 2. cap. 26., & Strab. lib. 15. p. 1064. C., [Origene Contra Cels. l. 7. c. 62.] (massima conservatasi sino a’ dì nostri presso i Guebri, fedeli custodi dell’antico perseguitato culto de’ medesimi Maghi); perciò non sagrificavasi a Mitra se non all’aperto. La vittima assegnatagli era il cavallo, siccome la più adattata ad un dio veloce nel suo corso, [Erodoto lib. I. in fine, Ovidio Fast. lib. 1. v. 383., Senofonte Cyrop. lib. VIII. pag. 215., Giustino l. I. cap. 10. § 5., Filostrato Vita Apoll. lib. I. cap.: 31.], Lactant. lib. i. De falsa rel. cap. 21. Fu la medesima divinità riconosciuta in Roma, in altre città soggette al romano impero, e specialmente in Milano, ove aveva il suo speleo ossia antro e i suoi sagrificatori, come rileviamo da un’iscrizione scopertasi già presso questo Monistero di sant’Ambrogio, e riportata dal Grutero pag. XXXIV. num. 9., e dal Grazioli De præcl. Med. æd. cap-. 6. A tal culto si riferisce un basso-rilievo (Tav. XVI.) esistente nella villa Albani; dal quale pur si argomenta che il culto di Mitra fosse stato trasportato in Roma alterato e guasto. Diffatti il dio ha lunghe brache, e la berretta frigia, siccome osservò l’Autore. Il luogo stesso, fornito in guisa d’una spelonca, in cui si rappresenta il suo sagrifizio, il toro in vece del cavallo, e gli altri simboli mostrano essere stato tutt’altro da quello de’ Persi il culto religioso prestato dai Romani a Mitra: dal che ci rende ancor più probabile che non dai Persi medesimi, ma o dai Pirati o dai Frigj lo abbiano avuto. Ben s’avvide di questa differenza di riti anche Giulio Firmico De err. prof. relig. cap. 6., il quale ne prese motivo di tacciar d’incoerenza i gentili romani nel loro culto religioso. [ Si può vedere, tra le altre, intorno al dio Mitra una lunga dissertazione di Vandale nell’opera De Antiq. quin. & marm. ec., e altra del P. Martin Explic. de div. mon. pag. 231. segg., ove spiega il basso-rilievo di villa Borghese nominato poc’anzi da Winkelmann; e Filippo della Torre Monum. vet. Ant. de Mithra, cap. 1., ove pretende riferire lo stesso basso-rilievo, e il culto del dio Mitra ai Persiani. Fra tutte le tavole Mitriache, o Tauroboliche è da osservarsi quella in vetro, che abbiamo accennata alla pag. 4.0. n. A. riportata dal signor abate Olivieri nel suo opuscolo di alcune Antichità Cristiane conservate in Pesaro, pag. XXXIII., la di cui precisa larghezza, come ivi pag. XXII. nota lo stesso Olivieri, è di due palmi e mezzo romani, e uno di altezza. Anche a giudizio del marchese Mattei Osserv. lett. T. V. art. XII. p. 189. è la più importante di quante se ne sieno vedute, perchè carica di maggior quantità di simboli, di una lunga ed erudita ifcrizione, e coi consoli Fabio (cognominato in altre iscrizioni Taziano), e Simmaco, che corrispondono all’anno dell’era cristiana 391.