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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. 137

mo romano, io ne dubito, poiché tutte le statue virili degli Egizj hanno le guance lisce, laddove questa statua ha una barba simile a quella degli Ermi greci.

[alabastro]

§. 19. Abbiamo pur delle figure in alabastro, il quale scavavasi a gran massi in più luoghi, e specialmente a Tebe1. Nel museo del Collegio romano v’è d’alabastro un’Iside sedente con Oro su i ginocchi, alta circa due palmi, e un’altra più piccola figura pur sedente. Oltre quelle la sola statua egiziana d’alabastro rimastaci è quella della villa Albani2, la cui parte superiore essendo guasta fu restaurata con alabastro nazionale, e che dai fianchi in giù è d’un alabastro bianchiccio, macchiato e venato a strati ondosi e serpeggianti3. Quest’alabastro però non deve confonderli con un altro che scavavasi pur a Tebe in Egitto e a Damasco in Siria, il quale serviva a principio per far de’ vasi di pompa, e quindi s’adoperò eziandio per formarne colonne. Questo da Plinio4 vien chiamato onice, prendendone probabilmente il nome dall’agat’onice, nota gemma, a cui per gli strati o piuttosto ondeggiamenti s’assomiglia. De’ vasi preziosi di

Tom. I. S que-
  1. Theophr. de Lapid. post init. pag. 392. [Sembra che parli di Tebe in Grecia.
  2. Questa statua fu trovata circa un mezzo secolo fa, quando scavavansi le fondamenta del Seminario romano, ne’ cui d’intorni era l’antico tempio d Iside in Campo Marzio: e ivi presso su un terreno appartenente ai PP. Domenicani fu disotterrato il mentovato Osiride, Donati Roma vet. ac rec. lib. 1. cap. 22. pag. 80., esistente ora nel palazzo Barberini. L’alabastro della statua d’Iside è più lucido e bianco ch’esser non suole generalmente l’alabastro orientale, e tale era appunto quello d’Egitto, siccome osserva Plinio lib. 36. cap. 8. sect. 12. Queste cose certamente ignorò Giovanni da s. Lorenzo, che nella Dissertazione sopra le pietre preziose degli antichi, par. I. cap. iI. § XXIII. Saggi di dissertaz. dell’Accad. di Cortona, Tom. I. p. 29. scrisse non esservi più nessuna statua egiziana d’alabastro; e che se pur ne furono fatte alcune, devon essere state piccole, e a somiglianza delle mummie. La mentovata Iside dimostra il contrario, avendo la statua, compresavi la sedia colla base, palmi quattro e mezzo di lunghezza. Parecchi grandi vasi alabastrini son nella villa Albani: si sa altronde che l’alabastro è un succo petrificato, di cui si trovano grandi massi. Formasi pure negli antichi acquedotti di Roma; e allorché riattato fu, non ha guari, uno di questi presso s. Pietro, vi si trovò dentro formato del tartaro (o piuttosto una selenite), che è un vero alabastro, il quale dal cardinal Girolamo Colonna fu fatto segare in tavole. In simil guisa si vede l’alabastro formatosi alle volte delle terme di Tito.
  3. Rappresenta una figura virile, e per tale è stata restaurata. Di questo alabastro bianco è la testa di Canopo del Museo Pio–Clementino, che abbiamo lodata alla pag. 83. Può credersi antichissima, e forse del primo stile. Si conosce essere stato un Canopo dal vuoto interno, che corrispondeva al vaso, di cui n’è restato un piccolo pezzo.
  4. lib. 36. cap. 7. sect. 12., & lib. 37. c. 10. sect. 54.