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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. |
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suaso esser quelle un’immagine di quel famoso garzone fatta all’egiziana1. Più chiaramente ancora mostrasi misto l’uno all’altro stile nel summentovato Antinoo del museo Capitolino, il quale è pur senza l’appoggio del pilastro.
§. 12. Alle statue di questo genere appartengono diverse sfingi, e quattro ve n’ha di granito nero nella villa Albani, le quali hanno nel capo tali sembianze, che non poterono dagli Egizj essere lavorate né disegnate. Se ne vedrà un appresso in fronte del capo quarto. Non è qui il luogo di parlare delle statue marmoree d’Iside: esse sono interamente dello stile greco, e non prima del tempo de’ Cesari furono scolpite, poiché ai giorni di Cicerone il culto d’Iside non erasi in Roma introdotto ancora2.
- ↑ Comunque siano comparse queste due statue all’occhio del nostro Autore, generalmente gl’intendenti non vi fanno trovare una sì piena somiglianza colle vere teste d’Antinoo; e neppure ve l’ho saputa scorgere io, per quanto le abbia esaminate. Sono in forma di due Atlanti architettonici, o Talamoni, e come volgarmente si suol dire, Cariatidi; e perciò hanno sul capo un canestro, o vaso, che forma il capitello. Non è improbabile il sospetto del sig. abate Raffei Osserv. sopra alc. ant. mon. Tav. VI. pag. 60., che sostenessero l’architrave della porta del tempio della villa Adriana, probabilmente a somiglianza di quei colossi alti 12. cubiti, che in vece di colonne sostenevano l’atrio del nuovo tempio eretto in Egitto al dio Api dal re Psammetico, Diodoro lib. 1. §. 66. pag. 77. E questo sarebbe un argomento di credere, che l’imperatore Adriano, il quale, come bene scrive il nostro Autore pag. 72., volendo far onorare in tutto l'impero romano, e principalmente in Egitto, il suo diletto qual divinità, dovea presentarlo in quella forma, che era più venerabile, ed accetta, non volesse collocarlo a regger pesi in guisa di Cariatide.
- ↑ De Nat. Deor. lib. 3. cap. 19. [Cicerone scrisse quest’opera nell’anno di Roma 711., e dell’età sua 63., come osserva Francesco Fabricio Marcodurano nella di lui vita tessuta per serie di consoli, al detto anno 711. n. 227., in fronte di tutte le opere, edizione di Amsterdam 1718. Tom. I. pag. 30., o come vuole il signor Middleton parimente nella di lui vita Tom. iiI. p. 324., l’anno 709). Prima di tal anno il culto isiaco non solamcnte era stato introdotto in questa dominante; ma vi era stato più volte solennemente proscritto, e demoliti i tcmpj d’Iside, e di Osiride. Tertulliano Apolog. cap. 6., e Arnobio Advers. Gentes lib. 2. p. 95. ripetono tali leggi proibitive dal consolato di Pisone, e Gabinio l’anno di Roma 696.; e ne parlano come di una cosa sì accertata, e sicura, che non dubitano di rinfacciarla ai Romani de’ tempi loro, ne’ quali il culto isiaco era in maggior voga. Furono ripetute per testimonianza di Dione lib. 40. cap. 47. pag. 252. sotto il consolato di Gneo Domizio Calvino, e Marco Valerio Messalla nell’anno 701.; quindi sotto il consolato di un Lucio Emilio Paolo, al dire di Valerio Massimo lib. 1. cap. 3., che si crede esser quello dell’anno 703.; e finalmente essendo consoli Giulio Cesare per la seconda volta, e Publio Servilio Varia Isaurico nell’anno 706. ad istanza del collegio degli aruspici furono anche di nuovo atterrati i tempj d’Iside, come narra lo stesso Dione lib. 42. cap. 26. pag. 321. Veggasi monsig. Foggini Museo Capitol. Tom. IV. Tav. X. pag. 44., ove a lungo ne tesse la storia; e Bynkershock De cultu Relig. peregr. Dissenat. iI. oper. Tom. I. pag. 415. col. 1. Avranno corsa la medesima sorte le immagini delle divinità egiziane, se vi erano in quei tcmpj, come è probabile; ma non già quelle, che erano presso gl’iniziati a quel culto, contro de' quali non fu proceduto. E convien dire che vi fossero molti, e de’ potenti ancora; poiché non ostante l’impegno del collegio dei Sacerdoti Romani, e de’ Consoli, non fu pos-