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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. 95

la punta dell’obelisco del sole, che hanno le mani da uomo con ugne acute da bestia carnivora1.

[Disegno del panneggiamento ...]

§. 16. Passiam ora ad esaminare il disegno del panneggiamento. Osservo il primo luogo che le vesti degli Egizj erano generalmente di lino, di cui il loro paefe molto abbondava. La tunica detta calafiri, nel cui orlo inferiore era cucita una lifta o benda a molte pieghe2, scendeva loro fino ai piedi3, e sopra la tunica portavano gli uomini un bianco pallio di lino4. I loro sacerdoti vestiansi di candido cotone5. Le figure virili, sì nelle statue che su gli obelischi


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  1. E dove mai? Sento, che cosi credono comunenfente gli antiquarj, e gli artisti; ma egli è un solenne sproposito, il quale ha la sua origine dai gessi, che se ne fanno; perchè non si bada all’effetto che produce il bassorilievo incavato nella pietra, ove le quattro dita lunghe, che non fono ben contornate, e decise, ma soltanto indicate con un taglio profondo, compariscono nel gesso quali acute, e ritorte in dietro, come si vedono anche alle figure della Mensa Isiaca presso il Pignorio; non però i pollici, che fono ben contornati nella pietra, e niente hanno di acuto. Almeno si poteva riflettere, che nessuna bestia, che abbia le ugne acute, o carnivora che sia, o non sia, come è il lepre, secondo l'osservazione di Plinio l. 10. cap. 73. sect. 93., può averle rivoltate in dietro, quali si vogliono quelle delle dette sfingi. Noi abbiamo fatto, e veduto ridisegnare colla possibile diligenza e scrupolosità la sfinge più bella, che sta nella parte superiore dell'obelisco, e l’abbiamo rimessa in fronte di questo capo iI. Quello che c’è veramente di particolare, si è che essa, e l’altra, che si vede, giacché delle due altre una è guasta affatto, e l’altra è sotterra, hanno le mani stravolte, e a rovescio, come si vede nel disegno. Il nostro Autore nei Monum. ant. part. l. cap. 27. n. 5. p. 102, ha creduto, che queste sfingi fossero le uniche con le mani umane; perchè non aveva osservato quella riportata dal conte di Caylus, che noi abbiamo messa in principio di quello libro, come ve l’ha posta il sig. Huber, ma disegnata a rovescio; e due altre del Museo Ercolanefe Picture Tom. IV. Tav. 66. p. 208.
  2. Herod. lib. 2. c. 81. pag. 141. [ Polluce Onom. lib. 7. cap. 16. segm. 71.
  3. Bochart Phal. & Can. lib. 1. cap. 16. pag. 416.
  4. Andavano colla veste sciolta senza alcuna cinta sì gli uomini, che le donne, come vediamo anche nelle loro statue, fuorché nei casi di lutto, all’opposto dei Greci. Erodoto lib. 2. cap. 85. pag. 142. Per cingersi poi nei detti casi, racconta questo scrittore lib. 2. cap. 36. pag. 120., che cucivano il cordoncino, o fascia per di sotto alla veste, come facevano anche degli orli riportati sulle stesse vesti, al contrario delle altre nazioni. Ai casi di lutto aggiugneremo le ceremonie, e processioni religiose, per molti de’ sacerdoti, e donne iniziate, che v’intervenivano; vedendosi nella Pompa Isiaca del palazzo Mattei, di cui si è parlato alla pag. ant. not. a., e in altri monumenti. Intorno agli abiti dei re, dei sacerdoti, e altri uomini, e donne egiziane, può vedersi anche il signor Lens le Costume, ec. l. I. chap. iI.
  5. Plin. lib. 19. c. 1. sect. 2. §. 3. [Plutarco de Iside, & Osir. oper. Tom. iI. pag. 352. E., Grazio Falisco Cyneget. v. 42. 43. ci dicono chiaramente, e senza equivoco, che i sacerdoti vestivano di lino; e quindi da tutti gli scrittori latini, sono chiamati linigeri. Plinio scrivendo in questo luogo, che le vesti di bambace, o cotone erano gratissime ai sacerdoti, non dice il contrario; ma vuol dire soltanto, chi facevano anche uso di cotone, che molto stimavano: altrimenti non avrebbe detto, che tali vesti erano loro gratissime; ma che il cotone era l’unica materia, di cui si vestissero. Erodoto lib. 2. cap. 37. pag. 121. scrive, che essi non usavano altre vesti, che quelle di lino: e sarà stato così a’ giorni suoi; forse perchè il cotone venisse dall’India in Egitto, epperciò non vi fosse allora molto comune. Cosi congetturo dal vedere, che questo scrittore, il quale viaggiò per l’Egitto, non dice, che vi si coltivasse la pianta del cotone; ma bensi, che si coltivava nell’India lib. 3. c. 116. pag. 210. In appresso, forse per opera de’ Gre-