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presso gli Egizj, i Fenicj, e i Persi. 81

hanno eglino messe le figure in azione? Delle statue medesime forse alcune ebbero un braccio in atteggiamento, come aver lo doveva naturalmente la statua di quel re che tenea un sorcio nella mano1, se pur non era quella una statua sedente2. Nelle figure femminili pende solamente lungo al fianco la man destra, e la sinistra sta piegata sotto il petto; amendue però le braccia pendono diritte a quelle che accompagnano la statua di Mennone3. Varie figure siedono sulle gambe ripiegate sotto, o s’appoggiano sulle ginocchia, che perciò chiamarsi potrebbono engonasi4; e tale è l’attitudine dei tre dii nixi5 che stavano a Roma innanzi alle tre cappelle di Giove olimpico.

§. 3. Gli Egizi nelle loro figure con grossolana semplicità disegnate poco indicavano le ossa e i musculi, e meno ancora i nervi e le vene; ma le ginocchia, le caviglie delle gambe, e i gomiti faceansi rilevati quali sono naturalmente. Non vedeasi punto il dorso alle statue, poiché erano appoggiate ad un pilastro formato col sasso medesimo.

[Differenza tra questa e la figura degli animali.]

§. 4. Ma questi caratteri generali dell’antico stile egiziano, cioè i contorni rettilinei e la poca espressione delle ossa e de’ musculi, non hanno luogo nelle figure degli animali. Tra quelli meritano una particolare attenzione la sfinge di

Tom. I. L ba-


  1. Herod. lib. 2. cap. 141. pag. 172.
  2. Una tale statua dovea stare in piedi, come si rileva da una piccola statuetta antichissima di bronzo, che ne è l’immagine, trovata non ha molti anni nel regno di Napoli, nelle vicinanze del Sele, detto anticamente Silaro, fiume abbastanza celebre presso gli antichi; il quale, dividendo i Picentini dai Lucani, scorreva non lungi dalla famosa città di Pesto. Il dotto P. Antonio Paoli, che ne fece l’acquisto, la illustrò colla veramente erudita, ed accurata dissertazione, che abbiamo lodata innanzi, Della Relig. de’ Gentili per riguardo ad alcuni animali, e specialmente riguardo a’ Topi, pubblicata in Napoli nel 1771.; provando, che altro non possa rappresentare, che un sacerdote Cananeo, con in mano un sorcio, per memoria dell’offerta fatta dai Filistei all’arca dopo lo strepitoso castigo, di cui furono percossi dal Dio d’Israele, descritto Regum lib. 1. cap. 5. v. 6.; e per ottenere nelle occorrenze, colla somiglianza del ricorso ad una superiore potenza, uguale protezione. Ora si trova nel Museo della Biblioteca Vaticana per munificenza del sommo Pontefice Pio VI., promotore insigne delle belle arti, cui fu presentata dal lodato possessore. Questi ci ha favorito il rame della tavola premessa alla dissertazione, che noi aggiugniamo in fine di questo volume, Tav. V.
  3. Della quale noi abbiamo parlato sopra pag. 75. not. a.
  4. Cic. de Nat. deor. lib. 2. cap. 42.:
    Engonasin vocitant genibus quia nixa feratur. Aratus.
  5. V. Fest. V. Nixi dii.