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presso gli Egizj, i Fenici, e i Persi. 67

gressi dell’arte. La musica, con cui gli antichi Greci studiaronsi di raddolcire la durezza delle leggi medesime, e la rozzezza de’ costumi1, di cui faceansi in Grecia pubbliche gare anche prima del secolo d’Omero2; la musica, dissi, era negletta in Egitto, anzi pretendesi che essa unitamente alla poesia fosse colà vietata3. Ne’ tempj loro, al dire di Strabo-


I ij ne

    aridi, ad singulos motus excandescentes, controversi, & reposcones acerrimi. Questo passo conferma ciò, che si è detto sopra pag. 64. del colore olivastro, e nero degli Egiziani; e che fossero di temperamento macilente, e secco, del quale ho parlato alla pag. 47. n. b. Colle parole magisque mœstiores, piuttosto maliconici, avremmo una prova sicura del carattere austero, serio, e mesto di molti di quella nazione, se Valesio, nelle note ad esso luogo, non pretendesse dopo Salmasio, che ne fosse guasta la lezione, e non l’emendasse in un senso tutto opposto: & atraci magis, quam moesis oris. Io non mi so accordare a tal correzione; poiché non può negarsi, che molti vi fossero degli Egizj trasportati per la serietà, e malinconia; ma per gli altri generalmente non faranno stati così. Credo di poterlo asserire, considerando, per esempio, che Tifone uno dei primi loro sovrani era stato allegro di molto, e trasportato per il ballo, per cui radunava quanti mai vi erano in Egitto uomini più licenziosi, e petulanti, Sinesio De Provid. lib. 1. pag. 92. B.; e Amasi altro sovrano era anch’esso di umor gajo, e licenzioso, Erodoto lib. 2. cap. 61. pag. 132. Eliano De Nat. Anim. lib. 10. cap. 23., Massmo Tirio Dissert. 8. §. 5., e da tanti altri; onde ebbe a dire Apulejo De Deo Socr. op. T. iI. p. 685.: Ægyptiaca numina ferme plangoribus, graca plerumque choreis (gaudent); ma nel resto delle stesse feste, e in tutte quelle altre, in cui avea parte il popolo, per lo più si andava agli eccelli dell’allegrezza, e vi si commettevano le maggiori indecenze del mondo, empiendosi di vivande, e di vino, e cantando, e ballando pazzamente. Vegg. Erodoto loc. cit. Diodoro lib. 1. §. 85. pag. 96. Strabone l. 17. pag. 1153. princ., Goguet Della Orip. delle leggi ec. Tom. I. par. I. lib. VI. cap. iI. verso il fine. I Marinari nei porti, e i barcajuoli del Nilo cantavan sempre, e facevan festa, come narra Achille Tazio De Clitoph. & Leuc. amor. lib. 5. pag. 123. Quello poi, che osserva Ateneo, nativo di Neucrati, lib. 1. in fine, pag. 34., che gli Egiziani cioè fossero gran bevitori; che per poter bere anche prima del pranzo mangiavano in principio dei cavoli lessati; e che col zito, bevanda fatta con l’orzo, si rallegravano a segno, che cantavano, e ballavano come gli ubbriachi, ci fa credere, che quelli, che erano dominati da malinconia, cercassero tutti i mezzi di liberarsene. Mi resta qui ad osservare intorno allo spirito degli Egiziani, che essi erano gente astuta, al dire di Sinesio Calvit. encom. pag. 71. princ.; e come diceva Giuliano l’Apostata presso S. Cirillo Alessandrino Contra Julian. lib. IV. p. 116. A. oper. Tom. iI., in scaltrezza, sagacità, ed ingegno superavano i Greci, e i Romani: per la qual cosa dovremo considerarli come una eccezione della regola, che Winkelmann ha stabilita sopra pag. 50. §. 9.

  1. Plutarc. in Licurgo, op. Tom. I. p. 53. A., in Pericle, pag. 160. B.
  2. Thucyd. lib. 3. cap. 104. p. 230. Vegg. Taylor Comment. ad Marmor. Sandvic. p. 13.)
  3. Dio Chrysost. Orat. 11. pag. 162. C [Dice solamente della poesia, che, come seducente, non fosse permessa in Egitto. Ma questo ancora dovrà intendersi con discrezione; essendo certo, che v’erano inni sacri; che si cantava da tutti in tante occasioni, come già si è osservato, e si ridirà in appresso, principalmente dai Terapeuti, che in gran parte ancora erano poeti, come scrive Filone De Vita contempl. pag. 893., Mamachi Orig. & Ant. Chrift. Tom. I. lib. I. cap. 1. §. V. pag. 21. San Gio. Grisostomo Homil. VIII. in Matth. num. 4. oper. Tom. VII. p. 126. B. dice, che l’Egitto era una volta il paese dei poeti; probabilmente volendo dire dei tempi avanti Gesù Cristo, e dei detti Terapeuti: e Mosè, il quale dopo il passaggio del mar rosso compose con estro divino quel sublime cantico registrato nell’Esodo cap. 15., avrà imparato a far versi nella corte, ove fu educato, ed istruito in tutte le scienze degli Egiziani, Actuum Apost. cap. 7. v. 22. non avendo noi fondamento di credere, che l’arte poetica egual-