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50 | O r i g i n e d e l l e A r t i |
tissimo tempio, trovinsi le più belle donne dell’Isola.
§. 9. Colui eziandio che non ha veduti mai que’ paesi, può dalla finezza d’ingegno degli abitatori, tanto maggiore quanto più dolce è il clima, inferire come spiritosa esserne debba la figura1. Il Napolitano è più ingegnoso e sottile del Romano, il Siciliano ancor di più, e ’1 Greco supera il Siciliano istesso. Fra Atene e Roma havvi un mese di differenza pel caldo e per la maturità de’ frutti, come rilevasi dalla prima raccolta del mese, che colà faceasi verso il solstizio nel mese di giugno, e qui soltanto per la festa di Vulcano nel mese d’agosto2. S’avvera pertanto in quelli popoli ciò ch’ebbe a dir Cicerone3, cioè che tanto più spiritose sono le teste degli uomini, quanto più pura e sottile è l’aria che respirano4: e par che di quelli avvenga come de’ fiori i quali, quanto più secco è il terreno e più caldo il cielo, tanto più belli sono e odorosi5.
[Tratti della bellezza in un clima caldo ...] §. 10. Diffatti la più sublime bellezza, che non consiste semplicemente nella pelle morbida, nel fiorito colore, negli occhi o languidi o vivaci e lusinghieri, ma bensì nella regolarità de’ tratti, e in un’armonia corrispondente di tutte le parti, trovarli suole principalmente ne’ paesi posti sotto un clima temperato e dolce. Se pertanto sembra riserbato ai soli Italiani di ben dipingere e scolpire la beltà, essi il debbono in molta parte, fecondo un giudizioso scrittore inglese, non meno alle belle figure viventi, che ai capi d’opera delle arti antiche, i quali hanno tuttodì sotto gli occhi, e incessantemente contemplano. Ciò non ostante non credasi che la beltà fosse soverchiamente comune e generale fra i Greci: narra Cotta presso Cicerone, che a’ suoi dì fra tutta la numerosa gioventù d’Atene pochissimi v’aveano, che dir si potessero veramente belli6.