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LIBRO II 69

vietò poco dopo ai negozianti d'inviare, come facevano per intollerabile abuso, i loro pegni al monte, non essendo bisognosi: volle che le comuni dello stato si liberassero dai debiti, salvo quelli contratti per l’annona e alla camera pontificia si trasferissero: sciolse i luoghi di monti, investendoli sullo stato, e finchè l’erario non fosse ristorato, stabilì che si pagassero i due quinti dei frutti: le contribuzioni indirizzò a più generale e più uniforme condizione. Benefici immortali, che gli assicurarono la gratitudine e la benevolenza dei sudditi.

III. La mitezza del suo animo inclinando a benigni provvedimenti, suggerivagli di contrasegnare l'anno primo del suo pontificato con atto di sovrana clemenza. Dimenticando generosamente gli errori di quanti erano i compromessi nelle passate vicende, accordò piena amnistia pei reati politici. Sperò in tal modo vedere le querele dissipate, gli odi sopiti, la pace, la tranquillità alle famiglie restituita. Inteso però che l'ordine sociale, la pace dei cittadini era insidiata per colpa di quelli, che in adunanze sospette andavano in segreto spargendo voci allarmanti, notizie atte a promovere tumulti, emanò rigoroso editto, che di pena capitale colpiva chiunque potesse scoprirsi promotore d’interne sedizioni. All’abuso di portare la coccarda, che potea riguardarsi come vera provocazione fatta al governo, pose una remora e volle che i sudditi pontifici non potessero assumere i colori di alcuna nazione, se a ciò fare non erano debitamente autorizzati. L'uso del vestire scandaloso e immodesto rimproverando con acerbe parole alle donne, ricordava ad esse che dal mal costume traevano la loro origine le tribolazioni e i mali che percuotevano la società: si richiamavano pertanto in vigore le leggi emanate da Innocenzo XI e da Clemente XIV. Il diseccamento delle paludi pontine incominciato da Cajo Cornelio Cetego, giudicato impossibile da Plinio e da Vitruvio, tentato senza risultati da Sisto V, da Pio VI in gran parte eseguito fu da lui abbandonato come intrapresa che al gravissimo dispendio non offriva un utile corrispondente. Dicemmo, che premio al merito acquistatosi dal pro-segretario di