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170 VITA DI PIO VII

ostacoli presentati dall'ordinamento degli affari ecclesiastici in Francia bastò un'amorevole lettera di Pio a Luigi XVIII e una nota di gravami inviata all’ambasciatore francese: a vincere le resistenze napolitane valse la saviezza di Consalvi, che proponeva al cavalier De Medici recarsi a Terracina per dissipare con verbali conferenze i dissidi e conchiudere il concordato. Posti a fronte i due ministri, prevalse la virtù di Consalvi e la pietà religiosa del vecchio Ferdinando, omai dolente delle antiche dispute con il papa. Si discussero e si approvarono trentacinque articoli, dei quali molti degni di menzione. Riconosciute valide le vendite delle proprietà ecclesiastiche sotto i due re francesi; restituiti i beni invenduti; ristabiliti gli ordini monastici; quelli dei mendicanti accresciuti; data alla chiesa facoltà di acquistare; accordato il foro ecclesiastico per le cause da trattarsi giusta le norme del concilio di Trento; l'appello da esso devoluto alla santa sede; libero ai vescovi comunicare col popolo; libero il corrispondere col papa. Spiacque ad alcuni la formola del giuramento imposto ai vescovi, altri per esso si tennero mal sicuri. 1 Questi i pubblici, i patti segreti rinnovavano la convenzione del mille settecento quarantuno, per la quale promettea il re dare col regio erequatur immediata esecuzione alle bolle, ai brevi, alle spedizioni della curia romana. Lieto il re dell’avere con quest’alto spezzate le speranze di quanti anelavano sottrarsi alle discipline della chiesa, inviò ricchissimo dono al Consalvi, fortunato negoziatore

    Francesco di Beausset vescovo di Alois nella Linguadoca, proposti dal gabinetto delle Tuilleries e conosciuti personalmente in Francia dal papa.

  1. I giuramento che domandavasi ai vescovi era il seguente
    « Io giuro e prometto sopra i santi evangeli obbedienza e fedeltà alla reale maestà; parimenti prometto che io non avrò alcuna comunicazione, nè interverrò ad alcuna adunanza, nè conserverò dentro o fuori del regno alcuna sospetta unione che noccia alla pubblica tranquillità e se tanto nella mia diocesi che altrove saprò che alcuna cosa si tratti in danno dello stato, lo manifesterò a sua maestà. »