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LIBRO VIII 167

scovo di san Malò, affidavasi l'ambasciata al conte di Blacas, al quale il duca di Richelieu, nel ministero degli esteri sostituito a Talleyrand, imponea di non far menzione del concordato: doversi, dicea quel ministro, trattare la santa sede con ogni riguardo: desiderarsi salvo il regno dai mali che minacciavano la chiesa di Francia. L'ambasciatore straordinario giungeva in Roma il dì trentuno maggio e l'antico vescovo di san Malò, d’indole franca e sincera più che a diplomatico si concede, poco amato da Consalvi, ma caro al pontefice, colmato di doni tornò a Parigi. In mezzo a tanta operosità e alle gravi cure di stato, per ostinata disuria, cadde infermo Pio VII. Annoiato dalle cure mediche, vedendo aumentarsi i dolori, volle provvedere da se stesso alla propria salute. S'impose un severo regime di vita tanto nel vitto quanto nelle vesti: n'ebbe ottimi risultati. Ristabilitosi appena tornò agli ardui affari della chiesa e del principato. Era dell’interesse della santa sede comporre le vertenze con la corte di Ferdinando re delle due Sicilie e non mancò Pio VII dall'occuparsene. 1Scrisse al re benevola lettera, ma la risposta si disse smarrita. Replicati gli uffici, giungea da Napoli curialesco riscontro, foggiato sulle confutate «dottrine di Giannone e di Filangieri. Rifiutavasi re Ferdinando dal pagamento: dicea invariabile il domma, perchè rivelato da Dio, variabilissimo il temporale, perchè dipendente dall'andamento del secolo e dalle condizioni dei tempi: quindi a fare le negative più dure, parlavasi

  1. E qui è opportuno il ricordare che quando l'avvocato fiscale della R C. A. Barberi protestò solennemente alla presenza del santo padre per la chinea non soddisfatta dal re, il pontefice per temperare in qualche modo l’amarezza di quell’atto si compiacque rispondere ch'egli non dubitava doversi quella mancanza anzi che a mal’animo o a poca volontà, ascrivere alle angustie dei tempi, alle sopportate sciagure, aggiungea: esser convinte che la pietà di quel monarca avrebbe quanto prima soddisfatto a questo dovere. Ecco le sue parole « Ferdinandus rex, temporis fortasse angustia retardatus, praestare haud potuit minime dubitamus. »