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LIBRO VIII 163

ferenza a quel re tanto benemerito della lega, oltre i trentanove codici greci e latini trasportati a Parigi, spedì più tardi alla università tedesca circa ottocento scritti in lingua teutonica, tolti dai nostri archivi. Questi furono i doveri imposti a Roma, questi i sacrifici, ch'essa sostenne per mostrarsi riconoscente alle potenze alleate. Il ritorno di tante opere, delle quali si deplorava la perdita, destò vivo entusiasmo nel cuore dei romani. L'accademia di san Luca, altamente interessata di tutto quello che torna a gloria delle arti nostre, decretò d'innalzare un busto all’illustre Canova, propose ai soci di festeggiare l'avvenimento e di andare in forma pubblica incontro agli oggetti per accompagnarli dalla porta del popolo, al vaticano. Siffatte dimostrazioni di gioia al segretario di stato e al camerlengo, Consalvi e Pacca, parvero o intempestive o soverchie: contramandate, per riguardi politici verso la Francia, solo rimase all'accademia la gloria di averle proposte. Queste misure di prudenza non impedirono ai romani di correre in folla a molte miglia dalla città per incontrare i convogli, che riportavano a noi tanta dovizia di arti. Ammesso Canova alla presenza del papa, fu salutato marchese d'Ischia: all'onorevole titolo era unita un annua pensione di scudi tremila, dal generoso artista destinati a beneficio delle tre: insigni accademie romane di belle arti, di archeologia e dei lincei. Tanto disinteresse rese più caro ai romani il suo nome.

XII. Uomini insigni, per profonda dottrina e per virtù generose benemeriti della chiesa e di Roma, avevano diritto ad un premio. Altri a fianco del travagliato pontefice, altri relegati nei forti, tutti perseguitati ed oppressi, aveano con gli scritti, con le parole, con l'opere sostenuto il principio religioso, difesa la santa sede, avvalorata con i consigli la costanza di Pio. Volle la provvidenza, che due fra i ventuno personaggi, decorati della porpora nel concistoro del dì otto maggio, fossero quindi chiamati al governo universale della chiesa: ne ricordo i nomi onorati. Annibale della Genga arcivescovo di Tiro, che sublimato al soglio di Pietro, assunse il nome di Leone XII e regnò