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LIBRO VIII 161

menti è distruggere, perturbare quella unità di scuola, che recò tanti vantaggi in Europa. E assurdo, aggiungeva, tenere aperte in Roma accademie e scuole di disegno, e privarla dei monumenti, delle opere raccolte dalla munificenza dei pontefici che educarono alla Francia i Claudi, i Poussini, i David, i Vernet. Carlo V, Francesco I, Carlo VIII non osarono spogliarla dei suoi tesori: non operò diversamente Federico II, due volte divenuto padrone di Dresda: i russi, gli austriaci entrati in Berlino rispettarono gli oggetti d'arte raccolti nei reali musei. L’incivilimento, l'esperienza del secolo sono ben lontane dall’approvare un atto veramente vandalico. Queste ragioni, i buoni uffici, le cure di Canova produssero l'effetto desiderato: il conseguito trionfo è interamente dovuto al valore, all’ingegno, alla perseveranza e più al nome del grande artista. A convalidare gli argomenti, a rinfrancare le preghiere dell’inviato del papa si aggiunse la pubblica opinione e il favore delle potenze straniere. Guglielmo Hamilton vice segretario al consiglio di stato brittanico pregò lord Castelreagh a riguardare come affare della nazione la domanda di Pio: tanto in meglio variavano i tempi: un opuscolo inglese diffuso a Londra e a Parigi prese a deplorare con aspre parole la resistenza francese: più severa suonò l’energica nota, inviata alla corte delle Tuileries dal ministro della Gran Brettagna. Wellington che sostenea i diritti dei belgi, i quali domandavano i loro quadri, favoreggiava i romani. La Francia che tutto devea agli alleati trovavasi a fronte di grandi competitori1. Reclamava Metternich tutto quello che apparteneva agli stati italiani venuti sotto l'impero, e quello che possedea Modena e Parma: i prussiani strappavano con la forza quanto era

  1. Il duca di Wellington scrivea: « Secondo la mia opinione sarebbe un'ingiustizia se i sovrani annuissero ai desideri manifestati dai francesi. Il sacrificio che questi permetterebbero sarebbe al tulto impolitico e toglierebbe loro l'occasione di dare alla Francia una grande lezione morale. »
    Giucci. Vita di Pio VII — II