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156 VITA DI PIO VII

tale del patrimonio di san Pietro e nei fasti della santa sede per grandi avvenimenti famosa.

X. Unito al cardinal Pacca suo compagno nelle persecuzioni e spettatore fortunato dei suoi trionfi, entrò in Roma il dì sette giugno. Dirò poco delle accoglienze, nulla delle feste con cui si vide nel suo ritorno acclamato Pio VII. Lo attendea nella villa Cini, ove prese breve riposo, la giunta di stato; il municipio lo ricevea alla porta della città. Il suo ritorno fece dimenticare a Roma le angosce sostenute nella lontananza di circa tre mesi. Prese la via del corso, volse al clementino e per tordinona e castel sant'Angelo si diresse alla basilica vaticana. Dopo aver pregato innanzi alla tomba degli apostoli, intuonato l'inno ambrosiano, compartì al popolo la benedizione eucaristica. Il congresso di Vienna avea intanto compiuto il grande atto di giustizia, che restituiva il papa ai dominio dei suoi stati1: avea di più assicurato Consalvi ai nunzi apostolici presso le varie corti di Europa la precedenza e l'altissimo onore di portare la parola in tutte le diplomatiche rappresentanze2. Roma esultava di così liete novelle, quando

  1. Questo avviso interessante precedeva l'arrivo del prelato Mazio per le cure di un diplomatico francese. Il signore di Talleyrand, ministro degli esteri alla corte di Luigi XVIII, avea prima del ritorno in Roma del cardinal Consalvi, inviato all’ambasciatore di Francia presso la santa sede monsignore di Pressigny l'articolo 105 del congresso del seguente tenore « Le Marche con Camerino e sue dipendenze, il ducato di Benevento ed il principato di Pontecorvo sono restituiti alla santa sede. La medesima riacquista il possesso delle legazioni di Ravenna, di Bologna e di Ferrara, eccettuata quella parte di Ferrara che è posta sulla riva sinistra del Po. Sua maestà imperiale e reale apostolica ed i suoi successori avranno il diritto di tenere una guarnigione nei forti di Ferrara e di Comacchio. »
  2. Esultò il cuore di Pio all’annunzio della ottenuta onorificenza e parlando nel pubblico concistoro ai cardinali dicea « che nel decretare che il primo posto fra i rappresentanti delle corti sovrane fosse dovuto ai nunzi della santa sede, si era reso un omaggio non al principe temporale di gran lunga agli altri inferiore, ma alla dignità del sacerdozio supremo. »