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LIBRO VIII 138

Roma e lo stato dalla tempesta che tornava a minacciare l'Italia. Così disposte le bisogna e provveduto alle urgenze a condurie ad effetto ed evitare i rimproveri d'intempestivo timore, guardavasi verso Terracina e Subiaco per vedere se l’esercito napolitano varcava i confini.

II. Suonò l'ora temuta: il pensiero di Gioacchino fu manifesto: due legioni della guardia il ventidue marzo, mercoldì santo, si aprirono il passaggio negli stati della chiesa. Avvisato il pro-segretario di stato ne parlava a Pio: concertavasi fra loro il modo e l'ora della partenza. Solito il papa a trasferirsi dalla sua residenza del quirinale al vaticano per le funzioni della settimana maggiore, dovea passar la mattina a san Pietro, assistere all'ufficio, che chiamano delle tenebre e senza farne motto ad alcuno, nelle prime dre della sera, uscire con una sola carrozza e prender la via di Viterbo. A rassicurare l'animo dei romani dovea la mattina seguente il cardinale fare affiggere per Roma la notificazione già preparata, partecipare ai cardinali e al corpo diplomatico la notizia della partenza e raggiungerlo. Piacque al pontefice affrettare il viaggio e anzi che attender lore della notte, uscito da porta angelica in pieno giorno, senza seguito, con una carrozza a due cavalli, accompagnato da Mauri e Soglia prelati, si diresse a Viterbo: Entrati i cardinali all’ora consueta nella cappella sistina per assistere agli uffici divini, seppero della fuga del papa. Un improvviso cicaleggio si destò fra i molti stranieri accorsi in Roma e raccolti nella cappella per ammirare, dopo le mestizie della settimana santa, le solenni ceremonie di pasqua: si sgomentarono i cardinali e: più quelli che non erano a parte del segreto; si affrettò Pacca a dar corso alla notificazione e partecipare ai colleghi e agli ambasciatori la prudente risoluzione di Pio. Non s'interruppero le ceremonie di chiesa, come serive un istorico contemporaneo, ma la paura fece tremare i cuori più saldi che credevano rinnovellate le lugubri scene, delle quali vivissima in tutti era la ricordanza. Leggo la notificazione sottoscritta da Pacca e tale non mi sembra da rassicurare gli spiriti. Di-