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128 VITA DI PIO VII

messaggio di Gioacchino chiedente libero passaggio, per le terre alla podestà pontificia soggette, di dodici mila soldati. Grave era il pericolo, dappoichè temevasi offendere le potenze alleate, alle quali movea guerra e non voleasi irritare soverchiamente Murat, invasore delle Marche e di una gran parte del ducato di Urbino. A queste considerazioni l'altra aggiungevasi, ch'ebbe sempre un gran peso nelle deliberazioni della corte romana: non dovere il padre universale dei credenti prender parte alle guerre dei popoli talvolta necessarie, sempre funeste. Rispondea Pacca: alle armate napolitane, senza toccare le provincie restituite, facile tener la via del tronto, costeggiare le spiagge dell'adriatico e lungo le vie marchiane e urbinati entrare in Lombardia. Non declinava Gioacchino, per le giuste osservazioni di Roma, dai suoi progetti e lasciato in Napoli forte presidio per salvarla da un colpo di mano, che potea temersi da Ferdinando se avesse salpato dai porti della Sicilia, il dì ventidue marzo con quaranta mila uomini, divisi in due schiere, prese la doppia strada delle Marche e di Roma. Annunciava la pubblica vote, dell'esercito transitante per le vie di Terracina e di Tivoli, debole la disciplina, scarse le armi, l'amministrazione infedele: supremo pericolo se non smentivano i fatti la trista fama. La sagacia del cardinale pro-segretario di stato, che comandava ai presidi delle provincie di evitare gl inconvenienti che potrebbero verificarsi, preparare i viveri e tutto quello sfuggire accuratamente, che potesse compromettere la tranquillità dello stato. Tante cure, tanta solerzia raggiunsero lo scopo desiderato: divennero impossibili le rappresaglie. Non parteggiarono per il re e non tumultuarono i romani quando un corpo di armata passò a breve distanza dalle mura della città, Chi li vide assicura che i soldati di Napoli moventi alla conquista d'Italia furono guardati con indifferenza dagli ordini elevati della città, con disprezzo dal popolo: tendenza fiera, ma naturale ai romani.