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LIBRO VII 119

Roma lodò l'animo generoso del papa e il marchese Rinaldo del Bufalo, uno dei conservatori dell’alma città, resegli grazie a nome del senato e del popolo. Pegno di giubilo universale giungevano al santo padre. da tutte le potenze di Europa e dai sudditi doni, indirizzi e proteste di venerazione e di amore. Gemme, danaro, sacre e preziose suppellettili, ricchi drappi si ebbero dalle varie provincie italiane, dalla Spagna, dalla Germania, dalla Francia e per sino dalle più lontane regioni d'America: così che pieno deve dirsi il trionfo di Pio. Splendidissima fra le offerte era quella del capitolo vaticano: un calice d'oro di squisita eleganza, ornato dello stemma del pontefice e di un analoga iscrizione. A dare un attestato di benevolenza alla regina di Etruria, che per la invasione francese erasi riparata nel monastero di san Domenico e Sisto, ove visse vita ritirata e modesta e lasciò luminose prove di magnanimità e di coraggio, si recò Pio in quel chiostro ove, dopo celebrato il sacrificio incruento, unse del sacro crisma la fronte della principessa Carlotta di Borbone, infanta di Spagna, quindi principessa di Sassonia e ammise alla mensa eucaristica la regina e gli augusti suoi. figli. Mentre in questo modo il papa, fidente in Dio, andava provvedendo ai bisogni dello stato, procacciandosi l’amore dei popoli, un pericoloso vicino, usato alle armi chiamava coscritti, componea reggimenti e meglio che dodici mila cittadini napolitani forniva di armi per confidare ad essi in ogni evento più la custodia che la difesa della capitale. Domandava l’imperatore austriaco a Gioacchino di restituire al papa le Marche e quegli in risposta muniva di nuove

    va col suo rifiuto, si espose agli sdegni dell’imperatore, che lo tenne prigione in Civitavecchia, quindi lo inviò a Fenestrelle, in ultimo nel castello d’If. Nella circostanza, in cui la confraternita del nome di Maria attendea sul cortile del quirinale l'apostolica benedizione, erano compiute appena le ceremonie quando il papa lo fece chiamare a se e alla presenza dei cardinali Pacca, Mattei e Galeffi gli consegnò di sua mano il biglietto, che lo destinava alla carica luminosa di senatore.