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mobili in tutti i paesi, che aveano fatto parte del regno d'Italia: la Baviera, l’Austria, la Russia vegliarono quindi presso la santa sede per l'adempimento di questo patto. Tali notizie produssero in Roma effetti diversi. Quelli che vivevane nel dubbio, perchè conosciuti fautori di soldatesco governo, i compratori dei beni del clero si rassicurarono: quelli che anelavano una vita di spionaggio, di carceri, di esili, nel vedersi inesauditi, dissero Consalvi troppo napoleonico, Pio VII troppo ligio a Consalvi. In questo modo lodevole esercitava la sua missione diplomatica l'inclito ministro, ch'ebbe nemici nella politica ma non rivali nella influenza: uomo del secolo, la storia del quale và strettamente unita a quella del principe, al cui servigio tutte avea dedicate le forze dell'anima e gli affetti del cuore1. E poichè parlammo delle sue qualità morali, ci piace ricordare le fisiche. Erano i suoi occhi il simbolo esteriore della sua intelligenza. Profondamente collocati sotto un sopraciglio folto ed arcato, avea un punto di luce aculamente penetrante, che vi trapassava, senza indicare sottigliezza ed astuzia. Sul di lui volto portava impressa un'aria di mansuetudine, che mitigava l'apparente durezza del suo sguardo aquilino. Alquanto velato, ma pur soa-

  1. Nella circostanza, in cui Consalvi dimorò a Vienna gli furono presentati i più grandi uomini della Germania. Intese il cardinale con sorpresa, che quasi tutti gli domandavano notizie d'Ignazio De Rossi e parlavano di quest’uomo con sentimento di rispetto profondo. L'autore del commentario su Diogene Laerzio, che facea parlar di se l'Alemagna, il precursore di Champollion, a cui l’accademia di Lipsia, adunata in sessione straordinaria, avea diretta tettera molto onorifica, era ignoto al ministro di stato e poco o nulla lo conosceano i romani. Tornato appena in Italia, uno dei primi pensieri di Consalvi fu il farne ricerca. Seppe con dolore che questo modesto filologo, vestito di un logoro saio, curvo sul suo bastone, era affranto dalle fatiche e dagli anni. Ignazio De Rossi, e lo ricordino i grandi, non avea più bisogno dci conforti del cardinale segretario di stato, allorchè questi dal suo canto avvisava ai modi di alleviare le sofferenze del vecchio rispettabile, accordandogli una pensione onorevole.