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sa celebrata dal papa e da monsignor Bertazzoli, e talvolta profittavano di questo incontro per baciargli il piede, fu negato l'ingresso. Si fece anche di più: la santità, la modestia del buon Pio VII non isfuggì all’atticismo francese che, a far mostra di bello spirito, ride delle cose più rispettabili e venerande, e tanto più volentieri acuisce l'ingegno quando trattasi di colpire chi ha conquistato la riverenza e l’amore altrui. Nel recarsi all'udienza del papa diceano i vescovi francesi, desiderosi di salire a qualsiasi prezzo in grazia a chi regna « Andiamo a sentire le storielle di Tivoli, d'Imola e di Cesena. » Aggiungevano malignamente i carcerieri essere il papa indifferente a qualunque bisogno , rifiutarsi persino dall’andare a diporto fuori di castello: diceano, che il capo della cristianità non chiedea libri alla imperiale biblioteca: che attendeva a certe bisogna di rattoppi di vesti, che meglio ai servi, che alla maestà del pontefice convenivano. Ignoravano costoro volere il papa con questi atti umili e lacrimevoli mostrare al mondo cattolico starsi il pontefice massimo, padre dei fedeli, prigioniero in mano ai nemici, che cercavano opprimerlo, spaventarlo, lontano dai suoi più cari, che ne avrebbero interpretati non che i bisogni, i pensieri1. Non chiedea libri alla biblioteca dell’imperatore, ma domandavali al dotto abate Garnier, direttore di san Sulpizio, che inviava al castello le omelie di San Leone, il concilio di Trento, il diritto canonico di Pirrhing. E a noi pure piace ripetere la ragione tutta santa addotta da quel tenero amico di Pio VII che fu il cardinal Pacca, aver cioè il papa un crocifisso, ai piedi del quale, nella solitudine in cui aveanlo ridotto, attingeva ando il coraggio e la sapienza.

XV. Richiamati i vescovi a Parigi, solo i cardinali, e fu ventura, divisero fra loro il piacere di assistere e confortare il pontefice isolato da tutti. L'ufficio di sorve-

  1. Troviamo quest’accusa ripetuta nelle memorie del signore di Savary duca di Rovigo. Tom. VI