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LIBRO VI 67

riconsegnarla al papa il dì susseguente1. Questi allora riprendeva il travaglio, e poichè l'angoscia dell'animo, la debolezza fisica, da cui era oppresso fecegli talvolta omettere qualche parola e più spesso imbrattare lo scritto, videsi sovente obbligato a lacerare il foglio e riprendere con pazienza il lavoro. Fra questi imbarazzi fu compiuta la lettera il giorno ventiquattro marzo mille ottocento tredici, e il papa, che volentieri l'avrebbe con sua allocuzione partecipata ai cardinali, dovè limitarsi a chiamare il colonnello Lagorse per affidare al soldato l’incarico di presentarla all'imperatore. Muovea questi per Parigi quando Pio VII, invitati ad uno ad uno in udienza segreta i cardinali, diede loro a leggere l'allocuzione e la lettera. E poichè ebbe compiuto con umiltà eroica questo santo dovere, le sue sembianze, alterate dal dolore, tornarono a rianimarsi, appetì il cibo, passò notti tranquille, convinto com'era di avere con risoluzione magnanima posto saldo riparo a quei mali, cui videsi esposta la chiesa. Con questa lettera, per la quale il papa con coraggio apostolico trionfò di se stesso o dei nemici della santa sede, confessa l'errore commesso nel sottoscrivere gli articoli, che doveano esser base di definitivo trattato: parla del suo rimorso, del suo pentimento, lamentasi della pubblicazione data ad un atto

  1. Il cardinal Pacca narra il modo tenuto dal papa e dai porporati per deludere la vigilanza dei custodi. Crediamo valerci delle sue parole, perchè veggasi che nè più ostinata, nè più crudele poteva essere la sorveglianza. « La mattina, egli scrive, dopo che era ritornato dalla messa vi andavano il cardinale di Pietro ed il cardinale Consalvi e gli recavano il foglio, sul quale avea scritto il giorno innanzi, ed il papa o in loro presenza, o dopo che si erano ritirati, continuava alquanto il lavoro. Alle ore quattro e mezza pomeridiane entrando io (Pacca) nella sua camera, riprendeva egli lo scritto e vi aggiungeva poche altre righe: dipoi mettendo la minuta e lo scritto medesimo sotto il mio abito portavo quelle carte nella casa dove alloggiava il cardinal Pignatelli, d’onde si faceano riportare al palazzo da persona sicura il giorno dopo. Questa faccenda durò per molti giorni. Pacca, memorie storiche, part. III, cap. VII.