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LIBRO VI 49

venne con ardore alla pugna: il combattimento durò due ora. Superarono i francesi le trincere nemiche: i russi abbandonarono in disordine il campo di battaglia: evacuarono Mosca. Rostopchin, governatore della città costrinse gli ufficiali civili e i magistrati ad allontanarsi. Fuggirono i magnati dall'antica metropoli dell'impero, si allontanarono i cittadini di ogni ordine, di ogni condizione, si atterrarono le porte delle prigioni, si lasciarono le case deserte, andarono gli abitanti a vivere nei prossimi boschi. Mosca, città ricca di duecento mila anime, parve un deserto. Entrò Napoleone il dì quattordici settembre: eredevasi nel centro della grandezza, era in quello d’una sventura, di cui non presenta esempi la storia. Acquartieravasi appena l'esercito nei militari alloggiamenti quando su vari punti della immensa città sollevaronsi globi di faville e di fumo. Vani furono gli sforzi usati per ispegnere il vasto incendio eccitato dalla mano dei russi, vani gli sforzi per salvare la città degli czari fondata dai tartari. Le schiere atterrite guardavano le fiamme stridenti e fremevano. Gli edifici, formati in gran parte di legno, erano esca facile al fuoco, che prorompea da ogni lato e illuminava di una luce sinistra l'ultimo trionfo delle armi francesi. I grandiosi palagi, il Kermelino furono devastati dall'ira dei soldati di Francia. Il timore, lo sdegno offrivano alimento alla militare vendetta. Vista tanta rovina, Napoleone offrì pace al nemico. Mentre, fremendo, attendea le risposte, una mano di cosacchi, audacemente aggirandosi intorno all’armata napoleonica, le vettovaglie intercettavano, le communicazioni interrompevano, la situazione dell'esercito francese ogni giorno più incerta e perigliosa rendevano. Ben vide, che al pari degli elementi era per la salute della grande armata a temersi l'accortezza dei russi, che aveanlo con inauditi sacrifici tratto a disperati partiti. Irruppero alla inaspettata i russi presso Vinkovo sopra un grosso corpo di cavalleria e fecero la condizione dei francesi in quelle regioni deserte più deplorabile. Cadute le speranze di pace, la sera del di dieciotto ottobre si dispose l’armata ad allontanarsi da Mosca. Era

Giucci. Vita di Pio VII. — II