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LIBRO I. 7

chiesa catedrale di quella città: gli s'imposero i nomi di Barnaba, Nicola, Maria, Luigi. Cresciuto negli anni, trovò in seno alla numerosa famiglia sublimi esempi di virtù e di pietà cristiana1. Si addestrò fanciullo a seguir le orme onorate dei suoi maggiori e fece presagire sino dalla sua prima età, che a grandi cose lo serbava la provvidenza. Vegliò la tenerezza materna sul fanciullo e nulla ommise perchè questa tenera pianta produrre dovesse col tempo quei frutti di soavità che sono sempre la conseguenza di una cristiana educazione2.

III. Segnava appena Barnaba il secondo lustro quando i genitori lo inviarono al collegio dei nobili in Ravenna ove, iniziandosi negli studi di belle lettere, mostrò chiaramente che ad un ingegno non molto elevato è alto compenso la fatica e lo studio. Segnalandosi sugli altri, meritò giovanetto la considerazione dei superiori, l'amore dei suoi congiunti.

  1. Dio benedì la famiglia Chiaramonti di numerosa figliolanza. Nacquero da questa avventurata unione Giacinto Ignazio, il quale entrò nella compagnia di Gesù e dopo la soppressione fu arcidiacono della catedrale di Cesena; Tommaso sposato alla contessa Marianna Albini di quella città, da cui discende la generazione attuale; Barnaba, assunto al pontificato; Gregorio che, chiamato in Roma da Pio VI, entrò nell'accademia ecclesiastica, ma avendo rifiutata la prelatura offertagli dal suo congiunto, si ritirò in Bologna, ove morì celibe; Ottavia, celibe anch'essa, è morta in Cesena.
  2. Dicesi, che la madre di Pio VII virtuosissima dama, abbia presagito al figlio il pontificato. Questa veneranda donna, appena rimase vedova, volse le spalle al mondo e nel monistero di s. Teresa in Fano vestì l'abito delle carmelitane scalze. Fece la sua professione solenne nel 1762 assumendo il nome di Maria Teresa. Specchio di ogni virtù, visse santamente nel chiostro sino al sessantesimo anno e morì il giorno 22 novembre 1771. L'arcidiacono Chiaramonti in un suo carme dedicato al fratello, mentr'era cardinal vescovo d'Imola, pubblicato in Cesena nel 1786 col titolo « De majorum suorum laudibus » esprime l'affetto filiale con i seguenti versi, che ci piace di riprodurre.
    « O semper memoranda parens! O Carmine nostro
    « Non unquam laudata satis! Me respice clemens
    « Exatumque tibi mortali corpore junge!