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210 VITA DI PIO VII

cea nei campi posti fra Ratisbona ed Augusta. Progredendo essa di vittoria in vittoria con Napoleone alla testa obbligava l'arciduca ad abbandonare l'Italia, marciando a grandi giornate sopra Vienna. Acquistata che l'ebbe, rivolse i suoi pensieri su Roma. Il giorno diecisette maggio 1809 ordinava che gli stati del papa fossero e restassero uniti all'impero francese, che Roma assumesse titolo di città imperiale e libera: che i monumenti a spese del suo tesoro fossero conservati e mantenuti, che il debito pubblico divenisse debito dell'impero, che le rendite del capo della chiesa cattolica sino a due milioni di franchi, liberi da ogni peso, si estendessero. Dichiaravansi non tenuti alle tasse, e liberi fossero da ogni visita i palazzi apostolici. E perchè dovevasi il nuovo stato ordinare, per non mettere tempo in mezzo, nominava nel giorno istesso Miollis governatore generale: creava consulta straordinaria di stato: Saliceti presidente De Gerando, Ianet, Del Pozzo consultori: segretario il giovane torinese conte Balbo. Doveva essa prender possesso il dì primo giugno: dovea il governo costituzionale entrare in vigore col primo gennaro 1840. In questo modo era al sommo pontefice tolto il temporale dominio e venivaRoma in podestà dei francesi.

XXVI. Andavasi vociferando per la città che il rapimento del santo padre doveva precedere il cambiamento del governo. Come discordi erano i pareri cosi erano dubbie le risoluzioni da prendersi. Il cardinal di Pietro, e il barnabita padre Fontana avevano già d'ordine del papa minutata la bolla, con la quale dovevasi protestare in faccia al mondo dello spoglio violento, e colpire gli autori dell'iniquo attentato: teneano pronto lo scritto, a cui dovea aggiungersi soltanto la causa che ultima l'avea provocato. Vivea il papa nelle incertezze, si angustiavano i romani a lui affezionati, quando Miollis che erasi recato a Mantova, donde avea domandati gli ordini imperiali, restituivasi in Roma per riprendere dal generale Lemarois, che lo aveva rappresentato, l'esercizio delle sue attribuzioni. Egli che avea seco il fatale decreto, disponevasi a pubblicarlo. Pochi figli degeneri di Roma, moltissimi o stranieri, o venuti dalle vicine