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LIBRO IV 203

e impieghi dal governo invasore, al clero il canto dell'inno ambrosiano vietava, perchè fosse manifesto che il sovrano e i sudditi cedevano solo alla violenza. Tali erano le condizioni da non esservi via di mezzo: o la confisca e l’esilio, o la fellonia e il giuramento. Si agitavano le coscienze, si commovevano gli animi, crescevano le angustie, mancavano i conforti spirituali, i ministri del culto si nascondevano, cominciavano le deportazioni. Erano già dati gli ordini di tradurre in paesi stranieri e di confiscare i beni del vescovo di Senigaglia cardinal Gabrielli, del prelato Cappelletti, del vescovo di Montalto Francesco Saverio Castiglioni, dalla provvidenza destinato al supremo governo di santa chiesa, quando a più mili consigli parve inclinare l’imperatore, che temeva gli effetti della resistenza opposta dal papa. Si sospesero le rigorose misure, si ritirarono gli ordini già spediti: si giunse persico da Eugenio vicere d'Italia a lodare la costanza, il coraggio in ossequio al pontefice addimostrato dal clero.

XXIII. Il mondo cattolico era edificato dalla magnanima costanza di Pio. La celebre allocuzione che incomincia Nova vulnera da lui pronunciata in concistoro, con la quale faceasi a deplorare le tribolazioni che affliggevano la chiesa, avea manifestate a tutti la lunga storia deì mali tollerati. Letta e ammirata, le simpatie universali erano tutte per Pio. Napoleone visitato in Erfurt dallo Czar delle Russie, onorato per parte dell’imperatore d'Austria che spedivagli il generale San Vincenzo ambasciatore per complimentarlo, fatto arbitro ormai dell’Europa avea, chiamando sul trono di Napoli Murat, nominato Giuseppe re di Spagna. Era però quell’eroico paese lo scoglio ove doveva urtare la potenza Napoleonica. L'assedio di Saragozza, i timori ispirati dalla opposizione spagnola frapposero impedimento alle misure che avea in animo di adottare. Venivano deputati spagnoli a rallegrarsi col papa della resistenza: era universalmente lodata la condotta di Pio: giungevano messaggi dallo stato, e da Roma che il confortavano nelle avversità che sostenea con animo invitto e n'encomiavano la costanza. Al pontefice oppresso da tante sventure dal fondo della