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LIBRO IV 199

stanti in così grave pericolo e a sostenere le tribolazioni, delle quali erano minacciati. La forza istessa che quelli traduceva in Napoli, imponea ai cardinali Giuseppe e Antonio Doria, Somaglia, Roverella, Valenti, Carandini, Braschi, Scotti, Litta, Dugnani , Galeffi, Casoni di lasciar Roma fra tre ore e restituirsi alle loro città formanti l'italico regno. Così negavasi al santo padre il sussidio di uomini, dei quali avea supremo bisogno in tante angustie; così toglievansi alle antiche abitudini uomini che aveano consumata la vita nell’esercizio dei propri doveri, fedeli consiglieri del supremo pastore, a cui Iddio ha commessa la cura del cattolico gregge. Al cardinal Doria sostituivasi pertanto pro-segretario di stato il cardinal Gabrielli, che entrava nel ministero li ventisette marzo 1808. Pochì giorni erano decorsi da questo atto quando osarono alcuni soldati francesi funestare di loro presenza la tranquilla stanza di Pio. Un, distaccamento militare presentavasi al quirinale. Gli svizzeri che erano di guardia opponevansi: permettevano solo all'ufficiale l'ingresso. Questi che parve soddisfatto e ordinava di fare alto ai soldati, era entrato appena, quando ad un suo cenno slanciavasi la truppa, gente ardita e belligerante contro la guardia, mettendogli le baionette al petto. Dopo questo attentato, recavansi sul luogo dove era la milizia capitolina, ne atterravano le porte, toglievano le carabine: faceano altrettanto e più nel quartiere delle guardie nobili: invasi gl'intimi penetrali, al capitano degli svizzeri ordinavano dipendere dagli ordini del generale francese: animosamente rifiutavasi questi dall’ubbidire: era condotto agli arresti: faceasi eguale intimo ai soldati delle finanze: gli ufficiali che rimasero fedeli furono tradotti in castello. Intanto distaccamenti francesi giravano per la città, arrestando, trascinando al forte s. Angelo quante guardie nobili e ufficiali pontifici incontravano per via. Non mancava il cardinal Gabrielli d’informare i ministri esteri dei nuovi attentati: domandava a Le Febvre la dimissione dal forte delle guardie imprigionate contro ogni diritto: faceasi però a dichiarare che il papa, nell’avvilimento in cui era ridotta l'apostolica autorità, avrebbe opposto alle