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LIBRO IV 173

nimo irritato di quel monarca. Inefficaci riuscirono le cure, inutili le preghiere. Nuove lettere minacciose seguivano la prima: domandavasi l’istantanea espulsione da Roma e da tutto lo stato di quanti erano fra noi inglesi, russi, svedesi e sardi, non che gli agenti e i ministri di quelle corti: la totale chiusura dei porti di mare ai navigli di quelle nazioni. Chiedeva Fesch udienza dal santo Padre per fargli noti i sentimenti espressi nella lettera, che aveva officialmente rimessa al segretario di stato. Meditavansi da Pio e dai suoi consiglieri le risposte quando, latore di nuove pretensioni, giungea con dispacci un ufficiale napoleonico che presentavali in mano a Pio. Li lesse con fermezza di animo e vide che omai apertamente cercavansi tutti i mezzi di creare imbarazzi alla santa sede. Per aver tempo di consultare nel grave affare il collegio dei cardinali era Fesch prevenuto dal segretario Consalvi, che avrebbe il papa direttamente risposto all’imperatore con quella sollecitudine, che l'importanza degli affari esiggeva. Videsi per tal modo il padre dei fedeli posto nella dura alternativa o di tradire il suo ministero di pace o di resistere alla volontà imperiale. In così urgente bisogno intimò il concistoro. Grave era l'affare, arduo il parere che domandavasi ai cardinali. Sotto sacramentale segreto venne distribuita copia dell’ imperiale dispaccio e della nota di Fesch: vennero formulati i quesiti: in iscritto voleasi la risposta, che doveva leggersi dopo due giorni in una seconda adunanza d'aversi per intimata. Così saviamente in tanto alto pericolo procedeva Pio VII; così assicuravasi il consiglio del sacro collegio. Un corriere straordinario portava a Parigi la risposta, che sola doveasì attendere dalla grandezza d'animo del sommo pontefice e dei suoi consiglieri. Rispondea il papa non potere come capo della chiesa ortodossa aderire alle inchieste e tanto gravi ragioni esponevansi da mostrare chiaramente l’ingiustizia della domanda. Una nota da Talleyrand inviata al cardinale Caprara legato dichiarava irremovibile l'imperatore nei suoi propositi. A Parigi le forti ragioni addotte dal santo padre lungi dal produrre l'effetto desiderato, pro-