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XIII

gesta dei quattro pontefici che regnarono negli ultimi tempi come nella sua purità fu per essi perpetuata quella gloria ereditaria che gelosamente si trasmettono i vicari di Gesù Cristo.

Pio VII, che tenne l’apostolico gerarcato per quasi un quarto di secolo, si segnalò fra i pontefici per lo spirito di mansuetudine e di fortezza. Se fu grande nella prosperità, grandissimo apparve nella sventura. Riordinò lo stato, restituì alla chiesa la compagnia di Gesù, arricchì Roma di opere monumentali, protesse le arti, vegliò al bene dei sudditi, alla prosperità dello stato. Il mondo vide compendiate in esso le prerogative e le virtù di quanti furono i suoi augusti predecessori. Napoleone sbalordì il secolo col prodigio della forza: Pio VII lo edificò con la santità del carattere, con l’eroismo delle virtù.

Leone XII ebbe un cuore e una mente non minore dell’augusta sede, di cui perpetuò la rinomanza e la gloria. Idee vaste, nobili, grandiose furono parto dell’animoso suo ingegno. Riformatore severo del monachismo, dei claustrali, del chiericato, degli ordini giudiziali, e degli studi, non trovò, colpa dei tempi, nè ingegni, nè petti che secondassero i suoi pensamenti e per doppia sventura interruppe la morte sul più bello i suoi ardui disegni.

Non entrò Pio VIII nei divisamenti dell’illustre predecessore. Perito in ragion canonica, saldo mantenitore della ecclesiastica