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LIBRO II 125

tico diritto di nominare un suo nazionale uditore della sacra rota romana: Bonaparte affidavane l'onorevole incarico al figlio di un vecchio amico di sua famiglia Gioacchino Saverio Isoard. La Russia, la Prussia manifestarono il desiderio di sistemare con un concordato gli affari dei cattolici sparsi nei loro imperi. A Roma, che tornava ad esser centro importantissimo degli affari europei, fu l’Austria sollecita di spedire ministro plenipotenziario il conte di Khewenhiller: con apparato solenne entrava ambasciatore del re di Portogallo il conte di Sooza: le altre potenze del nord stabilivano tutte in Roma il loro diplomatico rappresentante. La condotta dignitosa e tranquilla di Pio VII che vedea circondato il suo trono dall'amore dei sudditi e dal rispetto di tutte le corti sovrane, ispirò tale sentimento di ossequio al veneto prelato Cornaro, che volle in morte legargli un palazzo in Venezia e la ricca sua galleria. Tutto facea credere duratura tanta prosperità: era quella la pace che precede sempre l’irrompere della tempesta.

XXI. Grato ai benefici ottenuti dal papa, ammiratore di sue virtù Antonio Canova afferrava in Parigi tutte le circostanze per rendere il primo console benevolo al papa. Parlavagli con entusiasmo di Roma, parlavagli di Venezia. L'altezza del suo nome, la sua franca e saggia parola meritavagli la stima di Bonaparte, l’ossequio dell'accademia delle arti francesi che l’annoverava frà i suoi membri, i riguardi di tutta Parigi. Modellando il ritratto del primo console, questi o leggeva o celiava con Giuseppina o seco lui ragionava di materie politiche: valendosi Canova di questi incontri, dissegli languir Roma nella miseria: trista conseguenza dei sopportati travagli: lamentò il commercio tratto a rovina, gli spogli sofferti, le perdute opere d'arti, dovizia e gloria di Roma. La istoria, che registra le parole dei grandi, narra che Bonaparte abbiagli detto: io restaurerò Roma: amo il bene della umanità e voglio compierlo. Quando cadde il loro discorso su i cavalli di bronzo che decoravano la facciata del tempio di s. Marco, osava dirgli Canova: la distruzione di quella repubblica mi affliggerà sin che ho vita: il console tacque, condonando il lamento al