Pagina:Storia della vita e del pontificato di Pio VII.pdf/129


LIBRO II 109

termini generali da quelli ai quali volgevasi con insistenti, ma affettuose preghiere. Disperando egli omai di far valere quelli ch'egli chiamava incontrastabili diritti al gran magistero, pensò che la porpora romana polea in qualche modo compensarlo della perduta dignità: ne fece domanda: non eragli consentita1. Mentre l'animo del pontefice andava bilanciando i meriti dei candidati, fluttuando fra i nomi che gli erano offerti, il segretario di stato occupavasi nel conoscere quale fosse lo stato economico di Malta, quale l'ammontare delle imposte, le sorgenti delle risorse, le ragioni degli esiti. Due cavalieri francesi de la Tramblaye e de Ligondez che trovavansi in Roma, furono in condizione di dare T esatte informazioni desiderate. Le domandava Pio VII all’ambasciatore francese per convincersi se al punto in cui stava di concedere quell'alta dignità tali fossero le rendite dell'ordine da sostenerne la grandezza e il decoro2. E poi che il seppe, parlando all'ambasciatore di

  1. Nel momento in cui l’ex gran maestro dell’ ordine di san Giovanni di Gerusalemme domandava quale compenso della perdita che avea fatta, la porpora cardinalizia, molte corti si disputavano l'onore dei cappelli e li chiedevano anche coloro che affettavano una specie di disprezzo per le cose romane. Non furono accolte le sue domande. Il signor Hompesch, se si eccettua quello sterile sentimento di compassione che ispiravano le sue sventure, non muoveva a favor suo l’animo di chi che sia.
  2. Si conobbe quali erano positivamente le spese e quali le rendite dell’ordine di Malta nel 1788. Sommavano le rendite a due milioni novecento novantaquattro mila trecento settantuno lire torvesi. Ammontavano le spese a tre milioni ottantaquattro mila settecento sessanta nove lire. In conseguenza eccedeva la spesa per lire novantamila, trecento novantotto, deficit cui provvedevasi prima che l’anno spirasse con mezzi straordinari i quali non erano impiegati che in questo caso. L'ordine aveva perduto la metà delle sue rendite all'atto della soppressione della lingua francese. Nella stessa proporzione non poteronsi diminuire le spese, quelle specialmente che riguardavano gli ambasciatori, il mantenimento d'un vascello di linea, di tre fregate, di quattro galee, di due gallotte, degli schiavi. La mal ferma amministrazione del signor di Hompesch non era giunta a ristabilire l'equilibrio delle finanze.