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forma di governo (Vedi Doc. L.) Egli è ben vero che, come fa rimarcare a questo proposito M. de Beauchamp, il duca del Genevese avea osato mirare in faccia la rivoluzion piemontese e non erasi mostrato lento ad impugnare quell’arma che sola erasi trovata fra sue mani, il soccorso dell’Austria. Questo mezzo, sebben molto togliesse alla dignità di sua corona, o la limitasse per lo meno ad uno stato assai precario, ei preferse, anzichè piegarsi a concessioni verso la nazione, di cui più che capo ambiva farsi padrone. Tale fu lo spirito d’ogni suo atto, e benchè posteriore esperienza lo dimostrasse in relazione coi suoi principii, pur fermamente io credo che il duca del Genevese, ove non fosse stato tratto in errore sulle condizioni del Piemonte, dalla forza di circostanze nelle quali trovavasi, avrebbe anteposto altra via meno funesta alla quiete ed alla felicità dei suoi Stati. Del resto mai, come allora, occorse ad una nazione di provvedere ella stessa all’onore della corona, a dispetto di colui che la cingeva. Poco importava sfidare il risentimento personale del re, per meritarsi dalla voce imparziale dell’istoria la lode di aver impedito un vitupero alla casa di Savoia, non obliando che trovandosi il duca del Genevese alla corte di principe austriaco, e circondato da truppe austriache, avevamo il diritto di considerare i suoi atti, come figli della soggezione e della violenza del nostro eterno nemico. Forsechè aveano errato gli Spagnuoli a non dare ascolto agli ordini del loro re Ferdinando, allorchè trovavasi a Baiona od a Valenza.