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Il cav. Collegno, ed il capitano d’artiglieria Radice arrivarono nella cittadella il mattino dell’11, e la stessa sera vi giunse il marchese Carlo di San Marsano. Il costui disegno di indurre fin d’allora i dragoni della regina, dei quali era colonnello in secondo, a dichiararsi per la causa della patria, era stato attraversato dal colonnello di quel corpo conte Sambuy, che avealo di qualche ora preceduto a Vercelli1.

Lisio ebbe miglior ventura. San Marsano, che da due mesi appena facea parte del corpo, non vi si era lasciato vedere che pochi istanti, e quindi non era conosciuto, Lisio al contrario era l’idolo del suo reggimento.

Arrivato il giorno 10 dopo mezzogiorno a Pinerolo raduna Ghini, Pecorara, Conti, Calosso, Bruno,


scritto intitolato: «Manuale del rivoluzionario Italiano.» L’Associazione lo pubblicherà, e alcuni più diffusi cenni sulla vita dell’autore verranno prefissi al volume: cenni del resto giovevoli, anzi che a noi, agli stranieri. Fra noi, chi non conobbe Bianco? chi non l’amò? Ben possa l’amore essere operoso: il tributo che noi fratelli suoi paghiamo alla sua memoria, tributo non di sterile compianto, ma d’insistenza costante, irremovibile, sulla via ch’ei seguiva. Il culto dei morti per noi non deve essere che il compimento religioso del pensiero che governò la loro esistenza terrestre.»
  1. Diversi giornali hanno su tal fatto tessuto un racconto, in cui non v’ha motto di vero. Carlo di San Marsano non vide allora nè il suo reggimento, nè il colonello Sambuy: i suoi amici si fecero ad incontrarlo a qualche distanza da Vercelli, lo avvertirono di ogni cosa, sforzandolo a tornarsene addietro.

    M. de Beauchamp racconta in modo diverso la cosa. Secondo lui fu il capo-sqadrone Lisio che tentò levare a tumulto la guarnigion di Novara, ma questo colpo gli andò fallito per la vigilanza del conte Della-Torre. Si vede che M. de Beauchamp è molto geloso sull’esattezza dei suoi dettagli, e che nelle particolari informazioni, delle quali si vanta nella sua prefazione, fu servito a meraviglia.