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Dall’accaduto del 12 gennaio alla nostra rivoluzione scorsero due mesi, silenziosi come la calma che precede la buffera. I Piemontesi si guatavano l’un l’altro, cercando di leggersi negli sguardi, coi quali più che colla voce s’interrogavano. Si ritenga che le parole pronunziate il 1° di gennaio dal presidente del senato, aveano inasprito gli animi e che la carnificina del giorno 12 ne avea poscia sensibilmente aumentato l’inquietudine ed il disgusto. Una polizia perspicace ed attiva avrebbe forse potuto discoprire la cospirazione; ma le polizie riescono meglio a far odiare, di quello che a salvare i governi che in loro si affidano.

Prova ne sieno i casi dei primi giorni di marzo, vo’ dire gli arresti del principe della Cisterna, del marchese Prierio e del cav. Ettore Perrone, seguíti, il primo alle frontiere di Francia, e gli altri due a Torino, coi quali credettero aver sventato una con-


    strada del Po. Un cittadino torinese amico vero di libertà, lo seguiva in distanza, col fermo proposito di gettarsi fra lui ed il primo studente che lo avesse aggredito. Una sera mentre s’incammina al suo posto, s’imbatte sulla piazza del castello in un giovine studente a lui conosciuto. Al mirarlo pallido in volto, stravolti gli occhi, sente trasalirsi l’onesto cittadino, e «che fai qui? gli dice, che cerchi?» Lo studente non risponde, e cerca di evitarne gli sguardi; «che tieni lì sotto?» ripiglia l’altro, ed aprendogli il mantello, «un pugnale! sciagurato, e che vuoi tu farne? «Vendicare i miei compagni» esclama allora il giovane, con voce cupa e vibrata. A tali accenti, lo serra l’amico fra le sue braccia, lo tragge seco, e tante adopera virtuose e commoventi parole, che lo studente rientrato in sè stesso promette di abbandonare il suo funesto progetto. Oh perchè non poss’io palesare il nome di quell’uomo stimabile! Con tanto amore di libertà, tanto candore e dolcezza di costumi, quale ottimo cittadino non sarebbe questi in uno stato libero?