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versità. Un distaccamento di carabinieri reali impedì di uscire dal loro stabilimento agli alunni del collegio delle provincie che numerosi e gagliardi in età da 20 a 25 anni, accorsi, avrebbero fatto maggiore il disastro. Altro distaccamento di carabinieri, sboccato nella via del Po, vi fu accolto con urli e fischi; ma i carabinieri, per lodevole fedeltà alla loro consegna, si mostrarono impassibili, e tirarono oltre. Se non che quel loro contegno illuse quelli animosi giovani, si credettero temuti, imbaldanzirono. Occupata l’università, in un attimo ne è sossopra il pavimento, e sbarrate coi panchi le porte, giurano non separarsi se prima non sanno liberi i loro amici. Accorre il conte Balbo, ministro, e preside dell’università, nell’intento di racchetarli; presentatosi appena, viene applaudito, ma tosto gli si chiede giustizia. Egli dirige loro paterne parole, miste di tenerezza e rigore; insistono quelli chiedendo i loro compagni con grida ognor più crescenti e più tremende. Il conte Balbo non lasciossi sfuggir promessa alcuna, ma neanco un detto che potesse interpretarsi minaccia di ricorrere alla forza; eran quindi ben lontani quei giovani dall’aspettarsi che fra poco i loro richiami sarebbero stati accolti a colpi di sciabola, tanto più che una risposta era stata loro promessa fra due ore. Ma, scorso un quarto d’ora, 4 compagnie di granatieri recavanla.

Il partito del rigore avea trionfato, e si vedrà tra poco, se coloro che lo consigliarono ebbero soltanto lo scopo di ristabilire la quiete, e non piuttosto quello di atterrire l’opinion pubblica con una sanguinosa