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in lui un legislatore, un datore di libertà. Incauto popolo! Dovevi pagare a caro prezzo l’aver deposto la tua diffidenza e le tue funeste rimembranze!

Giusti e moderati devono essere gli atti di una rivoluzione, ma nella giustizia e moderazione vuolsi mantenere animo fermo, chè moderazione non è debolezza nè stupida condiscendenza. Di troppo abbandono e credulità peccò il parlamento napoletano, allorchè accondiscese alla partenza del re Ferdinando per Laybach, nè solo fu eccesso di confidenza, ma bisogna pur dirlo, quel parlamento non comprese allora la dignità nazionale, soffrendo che il re si avesse a presentare in aspetto di supplichevole a quel congresso. Se non che era ben lontano dal sospettare, che vi sarebbe invece apparso in quello di spergiuro.

Ad un più grave rimprovero non possono sfuggire i Napoletani, per non avere provvisto ai bisogni di loro situazione, e per essersi abbandonati alla folle lusinga di riuscire, con un’attitudine pacifica ed inoffensiva, a disarmare l’implacabile nemico. Non mancavano gli uomini previdenti di scorgere come i sovrani riuniti a Laybach non avrebbero trascurato l’occasione di annichilare, in Napoli, ciò che a loro per anco non era riuscito in Ispagna, il principio delle militari rivolte. Nè meno evidente appariva che l’imperator d’Austria non avrebbe mai di buona voglia tollerato che cinque milioni d’Italiani conseguissero una costituzione liberale, foriera per lui di non lontana rivoluzione italiana, che sarebbe per costargli la perdita della Lombardia; per cui gli era forza schiacciar Napoli ad ogni costo, e precorrere, ove