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pel numero di abitanti, era la prima potenza d’Italia, non possedendovi l’Austria che i ducati di Milano e di Mantova, pressochè fra loro separati da due ricche provincie veneziane, Brescia e Bergamo. Ma dopo il congresso di Vienna, sanzionata la caduta della repubblica di Venezia, l’atto il più perfido della politica di Napoleone Bonaparte, l’impero Austriaco coll’acquisto della florida e popolosa Lombardia, limitrofa in tutti i punti della vasta sua frontiera settentrionale, si estese in Italia d’una maniera spaventevole. Per soprappiù Parma e Piacenza poste sotto l’immediata soggezione di un generale austriaco, carceriere di sventurata principessa; Modena e Toscana restituite a due principi di casa d’Austria; Ferrara infine occupata da guarnigione austriaca, e quindi soggetto all’impero anche lo Stato della Chiesa. E dopo tutto ciò si dirà ancora che il re di Sardegna, con l’unione di Genova ai suoi Stati, potè salire in qualche considerazione in Italia, da bilanciarvi in certo modo il potere dell’Austria? Sarebbe aggiungere ai mali nostri lo scherno! Genova d’altronde non accrebbe forza alla casa di Savoia, quanto si poteva supporre. La città richiede una guarnigione piemontese, maggiore del numero d’uomini che possa fornire il ducato, dovendosi nelle coscrizioni risparmiare gran parte della gioventù dedicata alla navigazione mercantile. La nobiltà genovese umiliata, scontenta e, poche eccezioni fatte, indifferente ai ciondoli ed alle chiavi di ciambellano, sarà per molto tempo ancora un elemento pericoloso allo Stato. I cittadini istruiti e generosi non possono esser paghi di un go-