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al termine di un lungo viaggio di mare, e mentre i più anelavano di toccare il suolo di Grecia, il Santarosa solo appoggiato a un cannone contemplava mestamente il paese che si offriva sempre più distinto allo sguardo, e diceva al Collegno: “Io non so perchè mi dispiaccia che sia finito il viaggio: la Grecia non risponderà forse alla idea che me ne ero formata: chi sa quali accoglienze, chi sa qual fine ci attende!”
I suoi tristi presentimenti sciaguratamente furono veri. Ad onta delle larghe promesse dei deputati greci a Londra, fu ricevuto freddamente dal governo greco a Napoli di Romania, il 10 dicembre. Domandò lo impiegassero in un ufficio qualunque: gli risposero: si vedrà!
Il 2 di gennaio 1825 lasciò Napoli di Romania, avvisando il governo che ad Atene aspettava i suoi ordini. Visitò Epidauro, l’isola di Egina e il tempio di Giove Panellenico, e il 6 giunse ad Atene e di là fece un’escursione per l’Attica, e cercò Maratona e il capo Sunio. Sopra una colonna del tempio di Minerva Suniade scrisse il suo nome e quello dei due amici Provana e Ornato, come monumento della loro amicizia. Mentre era ad Atene, essendo venute minacce di assalto dal traditore Odisseo, egli contribuì a ordinare la difesa: e tutti i giornali di Atene lodarono la sua operosità e il suo entusiasmo.
Intanto si facevano i preparativi dell’assedio di Patrasso. Santarosa, che ancora non aveva avuta dal governo nessuna risposta, fece nuove istanze e chiese di aver parte all’impresa. Gli risposero, che il suo nome troppo conosciuto poteva compromettere il governo greco colla Santa Alleanza, e che se voleva rimanere in Grecia, il facesse, ma cambiandosi nome. È facile immaginare quale impressione facesse al suo cuore questa indegna risposta. Ma egli ardeva del desiderio di veder