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attraversarne l’andamento. Forse sarà ingiusto l’accusare tutti i membri indistintamente di quel gabinetto, di aver bandito tal guerra alla società, ma sta sgraziatamente in fatto la spontanea sistematica avversione dell’imperatore per ogni liberale instituzione che intenda a migliorarla1. Egli stesso lo disse: ognuno rammenta le sue parole ai deputati ungheresi, parole che a lui sì bene sotto di ogni aspetto si addicono, e che io voglio ripetere: «il mondo delira, chiede costituzioni immaginarie.» Epperò un parlamento che voti le imposte e giudichi i ministri prevaricatori; tribunali indipendenti nell’esercizio di loro funzioni; le proprietà inviolabili; le pratiche civili al sicuro dall’arbitrio del principe... saranno di tali instituzioni che volendolo, si potran dire perniciose al bene degli uomini, ma in quanto a me nulla vi rinvengo che d’immaginario mi sappia.

E questa si scorge essere la teoria politica dell’imperatore d’Austria, da cui ebbe origine sua na-

  1. L’attuale imperatore seppe guardarsi dal cadere nelle incongruenze di suo zio Giuseppe II il quale, comunque despota, volle trar partito dai lumi del secolo, ed introdurre grandi miglioramenti nei suoi Stati. Il re assoluto si lasciò andare all’orgoglio di riformatore, ma non apprezzò la virtù, ed ebbe a sdegno la giustizia. Francesco I segue un sistema più uniforme e consentaneo al suo carattere; se vuole il despotismo, lo vuole nei suoi mezzi e nei suoi effetti. Si osservino gli atti del suo governo, particolarmente da qualche anno a questa parte, dichiarano apertamente all’Europa che la monarchia assoluta ed illimitata deve rompere ogni alleanza con un regime mite, illuminato, opportuno al progresso della società, il quale non ammetterebbe le condizioni necessarie a respingere, a soffocare le idee liberali. E quindi tutti i re d’Europa che non amano il governo rappresentativo, non hanno altro mezzo a servirsi di lor forze contro il naturale movimento della società, che di entrare nel sistema dell’Austria.