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Nella stessa sera degli 8 arrivò in Torino il generale Guglielmo di Vandcourt1, accorso fin da Losanna ad offrire i suoi servigi al libero governo: spontaneo sacrifizio d’animo nobile quanto sventurato! La giunta gli confidò il comando degli avanzi dell’armata; — ci lusingavamo avere almen degli avanzi.
Le truppe costituzionali lasciarono Torino nel mattino del 9 aprile, in numero però di due soli battaglioni, giacchè un battaglione della legion reale leggera, comandato dal colonnello Vercelloni, ricusò di porsi in marcia, e l’artiglieria avendo pure dato a divedere non dissimili intenzioni, rimase. La città di Torino era trista, ma tranquilla. La guardia nazionale entrò nella cittadella a mezzogiorno, in presenza del ministro della guerra che partì per l’ultimo.
Egli prese la strada di Acqui sul timore che quella di Asti ad Alessandria potesse venire da un momento all’altro, come correva voce, occupata dal nemico. San Marsano, Collegno e Lisio con poca mano di cavalleria giunsero poco dopo di lui in Acqui; ove l’annunzio d’un’ultima sventura attendevali. I giovani soldati del reggimento Genova che formavano la guarnigione della cittadella di Alessandria2, spaventati all’idea di aver a sostenere le fa-
- ↑ Eppure, secondo M. de Beauchamp, fu lui che diresse il movimento de’ costituzionali contro Vercelli e Novara. Quel movimento ebbe luogo il 7 aprile, ed il generale Vandcourt in quel giorno si trovava per cammino sul gran San Bernardo. Ma questo non cale, con M. de Beauchamp non bisogna badare a cosiffatte inezie.
- ↑ Benchè il cav. Collegno, dopo la giornata di Novara, non sia più ritornato in Alessandria, nondimeno l’autore dei Trente jours non dubita di farlo rinchiuso nella cittadella con 80 pezzi di cannone e fa le meraviglie perchè non si sia difeso.