Pagina:Storia della rivoluzione piemontese del 1821 (Santarosa).djvu/136

116
 
 


della casa di Savoia stavano sospese alle nostre insegne: ben lo sapeva la sua maggioranza. Ma come dunque avrebbe potuto con franchezza ed ardore sostenere la causa dell’assolutismo? Ma perchè non attenersi allora ad altro partito? Non era necessario venire a noi, sarebbe bastato protestare altamente che dessa riguardava il soccorso dell’Austria come una calamità nazionale; quei comandanti, quella folla d’uffiziali che nutrivano in petto sensi di patrio onore avrebbero dovuto, interpreti fedeli del cuore dei soldati, dire al capo loro: — Generale, uniamoci a’ nostri camerata di Alessandria; poscia difenderemo o passeremo insieme il Ticino. — Dessi avrebbero trovato i costituzionali pronti a tutti quei maggiori sacrifizii che volessero impor loro dei leali concittadini, degli amati fratelli. Uniti, i Piemontesi, o avrebbero ottenuto una pace onorevole, o si sarebbero fra 24 ore trovati a Milano; Carlo Felice non sarebbe ora il più schiavo dei principi, ed il Piemontese il più infelice dei popoli!

Io mi figuro l’avvilimento di tanti prodi Piemontesi trovatisi in Novara all’arrivo degli Austriaci, mi sembra vederli a strapparsi gli spallini, infrangere le spade, li sento a maledire cento volte la propria debolezza che li tenne in quel tristo partito di mezzo tanto facile ad abbracciarsi e tanto difficile ad abbandonare. Ma che dico? Gli stessi ufficiali, fanatici nemici della costituzione, non fu senza amaro disgusto che si videro a lato gli Austriaci. Avrebbero preferito esser soli a combatterci, ed io ne so loro buon grado.