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contaminare le vostre insegne? Proseguite; sorgano armi piemontesi contro armi piemontesi, petti di fratelli incontrino petti di fratelli!

« Comandanti dei corpi, uffiziali, sotto-uffiziali e soldati! Qui non v’è scampo, se non questo solo. Annodatevi tutti intorno alle vostre insegne, afferratele, correte a piantarle sulle sponde del Ticino, del Po; la terra lombarda vi aspetta; la terra lombarda che divorerà i suoi nemici all’apparire della nostra vanguardia. Guai a colui che una diversa opinione sulle cose interne dello Stato allontanasse da questa necessaria deliberazione. Egli non meriterebbe nè di guidar soldati piemontesi, nè di portarne l’onorato nome.

« Compagni d’armi! questa è un’epoca Europea. Noi non siamo abbandonati. La Francia anch’essa solleva il suo capo umiliato abbastanza dal gabinetto austriaco, e sta per porgerci possente aiuto1.

« Soldati e Guardie nazionali! le circostanze straordinarie vogliono risoluzioni straordinarie. La vostra esitazione comprometterà tutta la patria, tutto l’onore. Pensateci! Fate il vostro dovere. La giunta nazionale,

  1. Mi toccò ad essere più volte testimonio dell’indegnazione del conte di Santarosa, al sentire come le sue parole venissero interpretate in senso ostile al governo costituzionale della casa dei Borboni. Santarosa non avea inteso di fare che un’allusione ad un nuovo ministero, che si mostrasse più esatto osservatore della Carta, più consentaneo all’opinione francese, e forse capace di rendere alla monarchia quella preponderanza politica dei bei giorni di Enrico IV e di Luigi XIV i quali non avrebbero mai sofferto in pace che l’Austria dettasse legge all’Italia. La notizia di un cambiamento di ministero era giunta a Torino, ed ognuno la riteneva ed annunziava per sicurissima. Santarosa credette doversene immediatamente valere, ma poscia più d’una volta si dolse di non essersi espresso in modo da non lasciar dubbio nel vero significato di sue parole.