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tori inglesi e non pochi romanzieri francesi, si compiacquero di rappresentarla siccome una città rimasta incommensurabilmente indietro in fatto di miglioramenti e di civiltà.

Risulterà quindi per le cose da noi narrate in modo sommario, che Roma fra l’abolizione del vecchio e la introduzione del nuovo, venivasi rimodernando, inforestierando e direm pure liberalizzando gradatamente.

La folla continua degli esteri visitatori fece nascer l’industria dello affittare gli appartamenti mobiliati, e fece pur salire il prezzo delle pigioni, e perciò dei fondi urbani. La ricchezza pubblica conseguentemente venne aumentando, e Roma quasi si divise in due città. L’antica, tutta aderente alle antiche consuetudini, clero, confraternite, congregazioni ecclesiastiche, dataria, benefici, canonicati, prebende, scapulari, novene, processioni, indulgenze: la moderna lusso negli equipaggi, grooms alla Dumont, caccia della volpe, corrieri, artisti, busti, ritratti, danze, concerti, uso del thè, corse sui cavalli dette a campanile, con pericolo di rompersi la noce del collo; tutto in somma che sentiva di moderno, di moda (che qualificossi coll’epiteto di fashionable), e di oltramontanismo.

Questo stato di cose mantenendosi ed accrescendosi tutto giorno in Roma, apportar dovea una qualche alterazione nelle idee di una parte de’ suoi abitanti. Il florido stato poi in cui vedevansi gli esteri protettori incominciò ad invogliare i bisognosi protetti di tutto ciò che di francese o d’inglese portava l’impronta: da qui surse quello spirito che si qualificava coll’appellativo di francomania e anglomania. E siccome eran forniti entrambi, Inglesi e Francesi, di quel genere di governo che nomasi rappresentativo, verso i governi rappresentativi si portavano alcune delle romane aspirazioni.

Perchè il vedere che gl’Inglesi e i Francesi eran ricchi, prosperi, civili e potenti, rendeva per taluni se